Donne diacono e preti sposati due pesi e due misure

Anche nella Chiesa delle origini esistevano i preti sposati.  Fu soltanto con il Concilio di Trento (XVI secolo) che il celibato ecclesiastico divenne effettivamente obbligante e vincolante per tutti i ministri ordinati nella Chiesa latina

Armando Torno, ha tracciato sul Corriere della Sera  un breve excursus storico della tradizione del celibato: “Si consiglia il celibato nelle Scritture, non lo si obbliga. Questa libertà fu seguita nei primi tempi della Chiesa. La disciplina in materia prende forma nel IV secolo nelle legislazioni conciliari; tuttavia, nel regolarla, Occidente e Oriente (dove era concesso a coloro che non sentivano la vocazione del celibato di usare i loro diritti coniugali) si dividono. Le storie indicano come prima legge in materia il canone 33 del Concilio di Elvira (intorno al 300), il quale obbligava gli ordinati in sacris alla continenza assoluta; inoltre, nel concilio romano del 386, papa Siricio promulgava una norma analoga, con l’intenzione di diffonderla in tutta la Chiesa latina. Il problema è più complesso di quello che oggi sembra: la Chiesa latina ha sempre scelto i preti tra coloro che erano celibi; quella orientale, invece, ha mantenuto la possibilità di trovarli anche tra gli sposati. Ma soprattutto il tema del celibato si presenta — evidenzia Gianantonio Borgonovo, biblista e arciprete del Duomo di Milano — “per la celebrazione dell’eucarestia”. Nella tradizione orientale rimaneva un evento settimanale, in quella occidentale dopo l’VIII secolo si andava normalizzando come appuntamento quotidiano. Siccome “nella prassi della Chiesa non si avevano rapporti il giorno precedente la celebrazione eucaristica, si capisce come la tradizione occidentale si sia sempre più orientata a scegliere i propri ministri (eccetto i diaconi) tra coloro che avevano fatto la scelta della verginità”. Fu soltanto con il Concilio di Trento (XVI secolo) che il celibato ecclesiastico divenne effettivamente obbligante e vincolante per tutti i ministri ordinati nella Chiesa latina (l’orientale ha, invece, mantenuto la prassi antica)”.

«Se si vuole valorizzare la figura della donna nella Chiesa cattolica e darle un ruolo più centrale come è accaduto in altre confessioni cristiane la via del diaconato può rappresentare un strada che si può percorrere tranquillamente perché si tratta di un’istituzione che si prolunga fino all’XI secolo. Gli esempi da cui ripartire? Certamente dalle testimonianze che ci arrivano dalla Chiesa dei primi secoli».
La professoressa Prinzivalli in un articolo di Avvenire elenca i «casi più antichi» di diaconato a cui sono state chiamate nei secoli le donne – e confermato anche da tanti passi del Nuovo Testamento – mettendo soprattutto in evidenza le differenza tra la Chiesa delle origini «soprattutto nei primi tre secoli» e quell’attuale. «Molto probabilmente il titolo di diacono della Chiesa antica pensato per le donne – argomenta la studiosa – corrispondono a un servizio dato per la comunità che noi non sappiamo ben definire rispetto all’evoluzione successiva».

La storica del cristianesimo ricorda alcune fonti a cui vi è un chiaro riferimento alla figura della donna destinata a rivestire questo tipo di ministero. «Mi viene in mente il passo della lettera ai Romani in cui san Paolo parla di una donna Febe, la “diaconos” della comunità di Cencre da lui descritta come “protettrice”». E aggiunge un particolare: «Un altro caso in cui è più evidente un accenno al “diaconato femminile” lo si riscontra nel capitolo terzo della Prima lettera a Timoteo. In quel passo si parla e si indica delle donne – all’interno di una gerarchia di Chiesa che era già strutturata in senso verticale – chiamate ad avvicinarsi alle stesse virtù praticate dai diaconi (uomini) e quindi allo stesso ruolo. Si tratta di figure descritte come: “dignitose, sobrie, non calunniatrici, fedeli in ogni cosa”. Sono insomma donne chiamate a rivestire le stesse virtù cristiane prescritte ai diaconi».

La professoressa annota poi un altro precedente che potrebbe essere preso in esame dalla possibile commissione sul diaconato femminile pensata da Francesco. «Certamente una testimonianza sul ruolo attivo di donne all’interno della Chiesa – spiega – ci arriva da Plinio il giovane allora governatore della Bitinia agli inizi II secolo in cui egli accenna alla messa sotto tortura di due schiave definite “ministrae”. Questa declinazione al femminile in lingua latina ci aiuta a capire che queste donne avevano un ruolo rilevante e non certo marginale nella Chiesa di Bitinia».

E aggiunge altri particolari: «I casi palesi di “donne diacono” si manifestano chiaramente alla fine del IV secolo – si pensi alla Chiesa di Costantinopoli – come Olimpia amica di Giovanni Crisostomo che viene ordinata con l’imposizione delle mani da lui. Erano dedite alla liturgia e alla cura pastorale della parte femminile della Chiesa di quel tempo. Altro esempio? Ci arriva dalla “Didascalia apostolorum” in Siria nel III secolo: nel cui testo, di tipo canonistico, si afferma che le donne non possono essere preti me c’è l’affermazione precisa di “donne diacono” dove addirittura la diaconessa è immagine dello Spirito Santo. Gli spazi del diaconato femminile da allora specialmente nella Chiesa d’Occidente si restringeranno progressivamente. Ma i casi di studio da cui partire sono innumerevoli».

Casi di studio che esistono nella larghissima letteratura teologica sui preti sposati ma… i preti sposati spesso sono ancora oggetto di discriminazione anche biblica e teologica.

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