“Scomuniche” e ingiuste confusioni su teologie e liberazione

«D’Escoto era stato scomunicato da Giovanni Paolo II»! Così ieri Maurizio Chierici sul Fatto (p.13: «Quei preti rivoluzionari che non piacevano a Roma») racconta senza precisazioni invece necessarie una storia complessa. Per D’Escoto infatti fu “sospensione a divinis”, impossibilità di celebrare la Messa e amministrare i sacramenti, ma la “scomunica”, che dichiara qualcuno fuori del corpo visibile della Chiesa, non c’entra niente. In Italia pochi anni dopo, e per la stessa ragione – esplicito impegno politico e partitico – fu “sospeso a divinis” anche don Baget Bozzo. Ovvio che nel suo caso la teologia della liberazione (tdl) non era in causa, ma anche che nella vicenda latinoamericana fu in causa solo un modello di “tdl” vista in complesso come cedimento al marxismo e quindi respinta. In verità da noi, anche in ambienti ecclesiastici, la vicenda ebbe anche un uso politico improprio, ma dovrebbe bastare poco – è sufficiente ricordare Giacomo (1,27), l’elogio paolino della «libertà con la quale Cristo ci ha liberato» (Gal. 4, 31) e una miniera di testi dei Padri della Chiesa, di encicliche papali e del Vaticano II – per capire che una vera teologia o è “della liberazione” o non è cattolica, e neppure cristiana.

a cura di Gianni Gennari avvenire.it

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