Corsa contro il tempo, ancora 17 dispersi Altri due morti, un italiano e uno spagnolo Salgono a 5 le vittime, 3 le persone salvate, 64 i feriti. Giallo mayday

dell’inviato Matteo Guidelli
ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO) – Altri due morti, e fanno cinque. A 48 ore dal naufragio, dalla pancia della Costa Concordia piegata a 90 gradi davanti all’isola del Giglio, riemergono i primi due cadaveri, che si vanno ad aggiungere ai tre recuperati in acqua la sera di venerdi’. Un bilancio destinato probabilmente a salire ancora, visto che i numeri ufficiali parlano di 17 dispersi. E riemerge anche la scatola nera, da cui stanno arrivando le prime conferme a quello che tutti, al Giglio, hanno visto: la Concordia era a soli 150 metri dalla costa, un punto dove non avrebbe mai dovuto essere; l’allarme e’ stato dato un’ora dopo l’impatto con lo scoglio. Perche’? Da parte sua Costa Crociere si e’ difesa sottolineando che il comandante aveva superato tutte le verifiche di idoneita’ e che l’equipaggio era addestrato alla gestione delle emergenze. Il ritrovamento dei due corpi e’ avvenuto nel pomeriggio di una giornata che era iniziata in tutt’altra maniera: i Saf dei vigili del fuoco avevano infatti ritrovato vivi nella notte una coppia di coreani in viaggio di nozze, Hye Jim Jeong e Kideok Han: erano rimasti chiusi nella loro cabina, non avendo sentito l’allarme. ”Avevamo paura di morire di fame e di freddo, temevamo che nessuno ci sentisse” hanno raccontato. In salvo anche Marrico Giampetroni, il commissario capo della nave, quello che molti gia’ chiamano eroe: la sera del disastro ha aiutato moltissima gente a raggiungere le scialuppe per mettersi in salvo. Poi e’ tornato nel salone ristorante per vedere se c’era qualcun altro ed e’ scivolato, rompendosi la gamba. ”Ho sempre sperato nella salvezza” ha detto ai pompieri quando l’hanno raggiunto e portato via dall’incubo. Con il passare delle ore, pero’, i vivi hanno lasciato spazio ai morti. E la perlustrazione delle zone della nave completamente sommerse, iniziata oggi, ha dato le risposte che si temevano: non tutti ce l’hanno fatta a mettersi in salvo e qualcuno – quanti ancora non si sa – e’ rimasto intrappolato a venti metri di profondita’. Due sfortunati li hanno trovati i sub della Guardia Costiera. Stavano perlustrando la zona di poppa della murata di dritta: in quello che era il terzo ponte, nei pressi del punto di raccolta indicato con la lettera ‘A’, c’erano i cadaveri di due uomini anziani. Entrambi avevano il giubbotto salvagente, segno inequivocabile che non hanno fatto in tempo a raggiungere le zone piu’ sicure della nave, per mettersi in salvo. Identificarli e’ stato quasi facile: lo spagnolo Guillermo Gual, 69 anni, aveva i documenti in tasca; Giovanni Masia, 86 anni, invece, aveva al collo una piastrina con le sue generalita’. Giovanni era in crociera con la moglie Giuseppina. Il figlio Claudio, cassintegrato della Ilva, aveva deciso di accompagnarli nel loro ‘primo’ viaggio fuori dalla Sardegna dopo il viaggio di nozze. A casa son tornati lui, sua moglie e i suoi figli, una nipotina, Giuseppina. Giovanni no. Ed e’ molto probabile che non sia l’unico. Secondo il presidente della provincia di Grosseto e la Costa, mancano all’appello 17 persone: 11 passeggeri e 6 membri di equipaggio. Se siano sfuggiti ai conteggi, come i due giapponesi rintracciati oggi a Roma, e’ quello che tutti sperano, ma piu’ passano le ore e piu’ sono quelli che temono che siano intrappolati la’ sotto. Tra loro dovrebbe esserci William Arlotti e sua figlia di 5 anni, partiti da Rimini, due coppie di francesi, due americani, una peruviana. E due donne siciliane, Maria Grazia Trecanico e Luisa Virzi’: risulterebbero conteggiate tra quelli salvati dopo il naufragio, ma di loro non c’e’ traccia. Ritrovarli, vivi o morti, e’ sempre piu’ una corsa contro il tempo: mercoledi’ le condizioni del tempo peggioreranno e questo potrebbe creare problemi seri. Non solo, infatti, sara’ piu’ difficile muoversi attorno e dentro la nave, ma il mare mosso potrebbe spostare la Concordia e farla scivolare verso un punto di non ritorno. A 30 metri dalla poppa c’e’ infatti uno scalino di roccia al termine del quale il fondale raggiunge i 70 metri. La nave potrebbe dunque finire interamente sommersa. Non e’ una corsa, invece, quella della procura di Grosseto, che vuole avere ben chiaro cosa e’ accaduto. Al centro degli accertamenti c’e’ sempre il comandante Francesco Schettino, ora smentito anche dai dati della scatola nera. Ma non solo: l’uomo avrebbe dato l’allarme un’ora dopo l’impatto e quando gli uomini della Guardia Costiera, nelle concitate fasi del soccorso, gli avrebbero detto di risalire sulla nave, lui si sarebbe rifiutato. L’indagine dovra’ poi chiarire se e’ vero, come sostengono tutti al Giglio, che quella di fare l’ ‘inchino’ all’isola suonando le sirene e’ un’usanza che tutti i comandanti, e dunque anche Schettino, rispettano. Tanto che il sindaco ad agosto, scrisse una mail di ringraziamento ad un vecchio comandante della Costa, che era passato vicino all’isola. Mail imbarazzante e quantomeno fuoriluogo, pensando alle vittime della Concordia, ormai piegata su un fianco.

di Tommaso Tetro
ISOLA DEL GIGLIO (GROSSETO) – A vederla cosi’, poggiata su un fianco, sembra che da un momento all’altro si sdraiera’. Il salotto del mare, la nave Costa Concordia naufragata la sera del 13 gennaio di fronte le acque dell’Isola del Giglio, e’ diventata un rischio anche per la salvaguardia dell’ambiente e per le acque del Parco nazionale che la ospita in questa tragica circostanza. Nella sua pancia sono stipate circa 2.300 tonnellate di olio combustibile sorvegliate a vista dalla nostra ‘Protezione civile del mare’, i mezzi e gli uomini del ministero dell’Ambiente per l’anti-inquinamento marino (nell’ambito del progetto Castalia). Ma adesso per almeno 48 ore soccorsi e operazioni di salvataggio si concentreranno sul recupero di vite umane. Soltanto dopo, e quando sara’ il momento, iniziera’ la corsa per recuperare il combustibile dal serbatoio e ”garantire la tutela ambientale”. Il responsabile anti-inquinamento marino del ministero, Lorenzo Barone, ha anche ”ribadito” l’intenzione di mantenere questo ”presidio con il maggior numero di mezzi possibili”, non dimenticando che ”ci troviamo all’interno di un’area protetta”. Per il ministro dell’Ambiente Corrado Clini e’ necessario ”evitare” che il combustibile finisca in mare. La nave ferita e affondata della Costa e’ lunga 280 metri per 65 di larghezza, ed almeno 80 di pescaggio. Gli uomini dei soccorsi – a sentirli raccontare – hanno trovato tutto capovolto. Li’ dentro si cammina nel vuoto con le porte che si sono trasformate in pavimento. Un gigante del mare abbattuto dal piccolo ‘Golia’ delle terre emerse, uno scoglio. Tra le ipotesi, che si prendono in considerazione tra i tecnici c’e’ anche quella di farne uno ‘spezzatino’: imbragarla con delle catene rotanti in grado di segarla in quattro e poi portarla via un pezzo per volta. Sul versante del rischio inquinamento, che potrebbe effettivamente esserci se le condizioni meteorologiche peggiorassero, invece, dopo la diffida della Guardia costiera all’armatore affinche’ vengano al piu’ presto rimosse le 2.400 tonnellate di carburante presenti nei serbatoi senza compromettere la stabilita’ della nave, gli esperti dei quattro battelli (Tirreno, Tito, Ievoleco, Eco-Giglio) del ministero dell’Ambiente – ipotizzando un loro intervento, che al momento non e’ preso in considerazione – assicurano tempi brevi. Operazioni che verrebbero svolte, per esempio, in 4 ore per circoscrivere l’area con le panne di contenimento (oltre 1.200 metri subito disponibili) per delimitare l’olio combustibile, la stesura di quelle di assorbimento, e in 24 ore per la pulitura (grazie all’aspirazione con lo skimmer). L’esperto anti-inquinamento marino del ministero ha ribadito che i mezzi sono ”in stand-by” ma ”pronti a intervenire”. Un lavoro di nervi che tiene sotto pressione uomini e mezzi i quali – ha ricordato Clini – devono fare i conti anche con la mancanza di risorse: “I tagli della legge di stabilita’ del 2010 fanno sì che siamo oggi a un impegno più di volontariato che a strutture ordinarie”. E per questo che serve, mai come in questo momento, un ”piano urgente”. In questo momento pero’ ”dobbiamo evitare che esca” carburante in mare”, un problema ”serio in una zona di parco naturale molto pregiato”. Infine il ministro da Livorno, nelle prossime ore per un vertice in prefettura (gia’ fissato sui fusti tossici), ha deciso di mettere all’ordine del giorno l’emergenza ambientale nelle acque dell’Isola del Giglio, gli interventi da compiere, e il problema della navigazione delle grandi navi in aree ”sensibili”. Alla riunione parteciperanno, oltre al ministero dell’Ambiente e alla Regione Toscana, gli enti locali, la Protezione Civile, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Ispra, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, il Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, il Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie e i Vigili del Fuoco.
dell’inviato Michele Giuntini
PORTO SANTO STEFANO (GROSSETO) – C’e’ tutto nella ‘scatola nera’ della Costa Concordia, l’inchiesta sul naufragio all’isola del Giglio parte da qui. Rotta seguita; comandi impartiti dal comandante dopo l’impatto con gli scogli; comunicazioni con la Capitaneria di porto e con i soccorritori: la scatola nera ha gia’ cominciato a ‘parlare’ su tutto questo. Entro un paio di giorni avra’ svelato la sua verita’ tecnica, oggettiva, agli specialisti della Guardia costiera, che svolgono le indagini insieme ai Carabinieri sotto il coordinamento della procura di Grosseto, e che stanno elaborando una relazione determinante per il proseguimento dell’inchiesta. E’ un’attivita’ di riscontro febbrile e complessa, basata su precisi calcoli matematici che secondo il procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio, starebbe gia’ determinando che tra l’allarme per una falla dato alle 21.45 e la prima comunicazione alle autorita’ marittime dell’incidente sarebbe trascorsa circa un’ora. Il secondo orario corrisponderebbe alle 22.43. Nella ‘scatola nera’ si cerca anche il ‘mayday’, la richiesta internazionale di soccorso, che forse non e’ mai stata lanciata dalla Concordia alle capitanerie. ”La nave e’ arrivata a 150 metri dalla riva, vicinissima – ha detto Verusio – e in un punto dove il fondale e’ basso e scoglioso. Vedremo che rotta ha seguito il comandante della nave e faremo anche riscontri satellitari sulla posizione”. Quanto alla scatola nera il procuratore ha spiegato che ”sara’ importante per conoscere i comandi dati dal capitano e le comunicazioni con la Capitaneria di Livorno”. Comunicazioni che forse non sono mai partite dalla nave ma che, stranamente viceversa, ci sono state per iniziativa dell’autorita’ marittima avvisata da parenti di passeggeri. E ancora, c’e’ da accertare se il comandante Schettino abbia davvero voluto, e perche’, eseguire un ”inchino” – in gergo marinaresco e’ il saluto con la sirena ai porti da distanza ravvicinata – all’isola del Giglio tanto da rischiare di far ‘sfracellare’ sugli scogli, come e’ successo, una nave da 117.000 tonnellate di stazza e lunga 300 metri. Francesco Schettino e’ stato fermato per un concreto pericolo di fuga e per il possibile inquinamento delle prove. E’ in carcere a Grosseto e aspetta l’udienza di convalida del gip – forse martedi’ prossimo – dove per la prima volta potra’ spiegare come ha agito ad un giudice. Le indagini proseguono con la verbalizzazione delle testimonianze di soccorritori, crocieristi, membri dell’equipaggio sentiti ”in serie” presso caserme di Carabinieri e Capitanerie della Maremma. Decisiva potra’ essere quella di uomini della Guardia costiera che dalla divisa e dai gradi hanno individuato Schettino a riva molte ore prima che si concludesse l’evacuazione del Concordia, proprio mentre migliaia di persone erano ancora a bordo, prigioniere di una fuga infernale. Invitato a risalire sulla Concordia dalla Guardia costiera, il comandante non avrebbe obbedito all’ordine delle autorita’. L’accusa di abbandono della nave con morti a bordo gli puo’ costare fino a una dozzina di anni di carcere, senza contare quelli che gli saranno contestati per omicidio plurimo colposo e naufragio. Un conto pesante che giganteggia con i dati aggiornati oggi: 5 morti e ancora 17 presunti dispersi, oltre 4.200 naufraghi, un potenziale rischio ambientale, un danno immenso alla tradizione marinara italiana.
ansa
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