Cocaina e sesso: la doppia vita di Padre Alberto Bastoni

Padre Alberto Bastoni durante una cerimonia religiosa Padre Alberto Bastoni durante una cerimonia religiosa

di Claudio Taddei / blog.panorama.it

Cocaina e incontri gay: protagonista il parroco di Collevalenza (Perugia) padre Alberto Bastoni (48 anni, originario di Rimini), un passato come tenore nel coro dei «pueri cantores» della cappella Sistina, nonché animatore degli incontri del Centro di azione liturgica promosso dalla Cei e persino rettore del Santuario dell’Amore misericordioso di Collevalenza, dove i vescovi italiani, per anni, hanno svolto le loro assemblee generali.

A svelare la doppia vita del noto sacerdote sono i verbali dei carabinieri di Todi. Il parroco è stato segnalato alla prefettura come assuntore di cocaina dopo una soffiata che ha portato le forze dell’ordine sotto casa di Massimo Giraldi, istruttore di pattinaggio artistico a Torgiano.

La notte del 30 gennaio scorso i carabinieri hanno fermato padre Alberto mentre era alla guida della sua Fiat Punto. Alle forze dell’ordine il sacerdote ha consegnato «spontaneamente» tre dosi di cocaina nascoste nel portafogli, pagate 200 euro. Più un sacchetto con dieci grammi di «tolylacetoethyle-thylamine»: un «fertilizzante» che viene inalato per ottenere effetti eccitanti. Ai carabinieri che lo hanno interrogato il prete ha confessato: «Fumo la cocaina, tale metodo prevede che la droga venga sciolta con il calore in un cucchiaio, poi si versa in una bottiglia e si aspira». Ed ha aggiunto: «Ho iniziato a fare uso di droga da sei anni, da quando mi trovavo a Roma per motivi professionali».

L’amico del sacerdote, Giraldi, interrogato dai carabinieri, ha dichiarato di aver conosciuto il prete in una chat line per omosessuali chiamata «Gay Romeo». Anche l’istruttore di pattinaggio quella sera è stato bloccato con un grammo di «neve». Giraldi ha ammesso di aver ospitato il sacerdote in casa propria. Padre Alberto, secondo il racconto dell’istruttore, avrebbe portato in varie occasioni degli amici per fare sesso:

«Utilizzavano casa mia perché lui non ha la piena disponibilità di un’abitazione. A volte aveva con sé droga che consumava coi suoi amici, offrendone occasionalmente anche a me».

«Voglio dichiarare la mia disponibilità a collaborare», ha detto il sacerdote ai militari che hanno perquisito la camera singola e lo studio in viale Madre Speranza, a fianco del Santuario. E il cellulare del parroco è risultato pieno di numeri di pusher: c’è quello dell’albanese Rudy che gli ha venduto la coca poco prima dell’intervento dei carabinieri in un parcheggio a Perugia; il numero di un argentino rappresentante di macchine per il caffè conosciuto vicino ad una discoteca e quello di un altro spacciatore al quale parlando in codice il prete diceva «..siamo in due… oppure siamo in tre…» per fargli capire quanta ne serviva. C’è Cristian, che «ogni tanto cambia numero» e spaccia droga «di più alta qualità», ha spiegato ancora il religioso, mentre Jonathan invece era esoso («120 euro al grammo») ma in compenso «talvolta mi omaggiava di qualche dose».

Grazie a queste indagini i carabinieri hanno messo a segno alcuni arresti nell’ambito di un’inchiesta ancora in corso. Uno degli indagati patteggerà la pena nel processo per direttissima che riprenderà la prossima settimana davanti al giudice monocratico del tribunale di Perugia, Marco Verola.

Dopo quella notte padre Alberto è scomparso dalla parrocchia di Collevalenza:

«Don Alberto purtroppo non sta bene, ha bisogno di cure e non tornerà per molto tempo», rispondono dalla canonica. Il sacerdote, che risulta ancora incardinato nella diocesi di Roma, appartiene alla Congregazione dei Figli dell’Amore misericordioso e vanta una lunga esperienza pastorale, con numerosi incarichi di responsabilità. Ha prestato servizio a Campobasso e a Roma. Per nove anni è stato tenore nel coro dei pueri cantores della Cappella Sistina. I suoi superiori, in Vaticano, lo ricordano come un sacerdote appassionato della musica sacra e della liturgia. Tanto che il Centro di azione liturgica promosso dalla Cei lo ha chiamato numerose volte ad animare gli incontri annuali alle quali partecipavamo centinaia di persone.

Padre Alberto è stato anche superiore della comunità dei Figli dell’Amore misericordioso a Roma-Spinaceto. Nel 2008 è stato chiamato a ricoprire il prestigioso incarico di rettore del santuario di Collevalenza, noto perché la Cei per molti vi ha tenuto le sue assemblee generali. La comunità dell’Amore misericordiso a Collevalenza, inoltre, gestisce una casa, annessa al santuario, dove sono ospitati sacerdoti con problemi che vanno dall’alcool alla pedofilia. Sorprende che proprio padre Alberto fosse stato messo a capo di una comunità così delicata. Evidentemente nessuno sospettava della sua doppia vita.

Nel settembre scorso padre Alberto ha lasciato il Santuario ed è stato chiamato a guidare la parrocchia di Collevalenza e dei sei castelli che formano l’unità pastorale. Il giorno dell’insediamento, sul suo profilo Facebook il prete scriveva: «Fratelli e sorelle… a Dio nulla è impossibile… nemmeno rompere una tradizione o avventurarci su una strada di generosità coerente che farà sbocciare i germi meravigliosi di santità disseminati nella vigna del Signore…Lasciamo a Lui tutto il posto perché sia Lui a guidarci… a sostenerci… a redimerci…Pregate per il vostro nuovo parroco perché sappia stare davanti al buon Gesù per parlargli di voi e sappia parlare di Lui a voi , fino a contagiarvi con la forza dell’irradiazione! Pregate perché sia maestro di preghiera… esperto nell’ascolto…generoso nelle risposte… accogliente verso i doni dello Spirito presenti in voi…».

Ma la notte del 30 gennaio scorso sono arrivati i carabinieri a svelare la doppia vita del sacerdote e padre Alberto, da quel momento, ha fatto perdere le sue tracce.

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