L’incontro tra il primate della Chiesa ortodossa russa e il Papa di Roma non e’ mai avvenuto nella storia

Mosca – L’incontro tra il primate della Chiesa ortodossa russa e il Papa di Roma non e’ mai avvenuto nella storia. La profonda frattura fu segnata nel 1054 con il grande scisma tra le Chiese d’Oriente e Occidente che si scomunicarono a vicenda. Il possibile faccia a faccia tra i leader religiosi delle due Chiese sorelle si discuteva da tempo ma l’ostacolo che lo ha sempre impedito era e ancora si trova in Ucraina. Oggi il Patriarcato di Mosca ha ricordato che “tra il 1996 e il 1997 sono stati condotti contatti intensi” per organizzare un incontro tra Giovanni Paolo II e Aleksi II in Austria. “I negoziati furono interrotti – ha spiegato il metropolita Hilarion, capo del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca – per problemi su cui non si e’ riusciti a raggiungere un accordo”.

Prima di tutto, “le azioni dei greco-cattolici in Ucraina e il proselitismo dei missionari cattolici sul territorio canonico del Patriarcato di Mosca”, ha poi aggiunto il metropolita ricordando che la questione degli uniati (termine spregiativo, usato per indicare questi cattolici di rito ortodosso ma in comunione col Papa) rimane una “ferita sanguinosa, che ostacola la piena normalizzazione tra le due Chiese”.

Nel picco della crisi ucraina con le proteste di Maidan che hanno portato alla defenestrazione del presidente ucraino Viktor Yanukovich, ritenuto vicino al Cremlino, il Patriarcato di Mosca aveva direttamente accusato i greco-cattolici di “immischiarsi” nella politica, non solo sostenendo l’integrazione europea contro i legami di Kiev con Mosca, ma persino “chiedendo ai Paesi occidentali un intervento piu’ attivo nella situazione in Ucraina”, come aveva denunciato nel 2014 lo stesso Hilarion, puntando il dito contro il capo della Chiesa greco cattolica, l’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk. Nel 1946, due anni dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte dell’Armata rossa, col concilio di Leopoli voluto dal potere sovietico, la Chiesa greco-cattolica e’ stata dichiarata fuorilegge, perche’ considerata ostile a Mosca e alle dirette ‘dipendenze’ del Vaticano. Sacerdoti e vescovi furono oggetto di persecuzione.

Oltre 2.270 parrocchie furono chiuse o trasferite e le loro proprieta’ passarono agli ortodossi, fino a quando negli 80-90 i cattolici si riappropriano di tre diocesi sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Si tratto’ di un vulnus aggravato poi dal trasferimento, nei primi anni del 2000, della residenza del capo della Chiesa greco-cattolica da Leopoli a Kiev, centro e culla storica del cristianesimo di “tutte le Russie” (con cui si intendono le attuali Russia, Bielorussia e Ucraina appunto). Questo, insieme alla richiesta ancora mai accolta dal Vaticano di elevare Kiev a sede patriarcale continua ad irritare la Chiesa russa, che vede negli uniati un “progetto speciale” della Chiesa cattolica per fare proselitismo. Facendo riferimento diretto ai fatti “degli ultimi tempi” in Ucraina, “in cui i rappresentanti dei greco-cattolici si sono espressi con slogan anti-russi russofobici”, ha detto oggi Hilarion, la “situazione e’ peggiorata ancora”. “In questo modo, purtroppo – ha poi concluso davanti alla stampa, riunita presso il dipartimento da lui diretto – il problema degli uniati non e’ ancora risolto e rimane una ferita sanguinante, che ostacola la piena normalizzazione dei rapporti tra le due Chiese”. (AGI)

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