Infiltrazioni camorristiche nelle feste patronali: la statua del patrono si inchina al boss

Ormai è una tradizione: la processione di san Catello, patrono di Castellammare di Stabia, si ferma sotto la casa del boss della camorra stabiese agli arresti domiciliari – il 78enne Renato Raffone – che si affaccia, omaggia la statua del santo lanciando un bacio dal balcone, dopodiché il corteo riparte. Era accaduto lo scorso anno ed è accaduto anche quest’anno, lo scorso 19 gennaio, nonostante il sindaco di Castellammare, l’ex magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Napoli Luigi Bobbio (Pdl), da mesi chiedesse di vigilare sulla processione.

La Curia di Castellammare-Sorrento prima nega: la processione «si è svolta secondo le indicazioni concordate con le competenti autorità cittadine e di pubblica sicurezza» e non si è fermata sotto la casa di un anziano boss come era avvenuto in passato. Poi però, quando iniziano a circolare le foto e un video che riprende la scena del capo camorra affacciato al balcone e del sindaco che si sfila la fascia tricolore e abbandona la processione insieme al gonfalone del Comune, fa retromarcia e ammette tutto, scaricando però la colpa sui portantini, che avrebbero fatto di testa loro: si è trattato di «una sosta arbitraria dei portatori della statua», fa sapere in un comunicato l’arcivescovo mons. Felice Cece. «La Chiesa sorrentino-stabiese è la prima a voler far chiarezza su quanto è accaduto» e condanna «quelli che si illudono di onorare Dio disonorando l’uomo, che ostentano devozione ai santi, visti non come modelli da imitare, ma come protettori dei loro malaffari e, magari, delle loro imprese criminali». Tuttavia non perde occasione per stigmatizzare il comportamento del sindaco: «Per il bene della città occorre che si crei un vero clima di armonia e di collaborazione tra le istituzioni, nel rispetto della reciproca autonomia. Perciò, addolora che ancora una volta, nonostante l’incontro chiarificatore dei giorni scorsi, il sindaco abbia abbandonato la processione, senza avvertire di quello che stava succedendo e convocato contestualmente una conferenza stampa. Di qui l’auspicio che in futuro si possa serenamente discutere dei problemi nelle sedi appropriate».

Bobbio da ottobre chiedeva alle forze dell’ordine e alla Curia di vigilare per evitare commistioni, seguendo anche l’indicazione del prefetto di Napoli che aveva invitato i sindaci a «riservare particolare attenzione alla prevenzione di rischi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata»: «Al fine di impedire il ripetersi dei noti accadimenti delle ultime edizioni della processione quando, inopinatamente, la statua del santo patrono fu fatta fermare in prossimità dell’abitazione di un noto pregiudicato, sarebbe opportuno concordare con esattezza, anche alla presenza delle autorità religiose cittadine, il percorso da seguire, oltre agli eventuali rallentamenti e soste che la statua deve effettuare», aveva scritto il sindaco al vescovo. Il quale, però, aveva risposto con irritazione: «La comunità ecclesiale di Sorrento-Castellammare di Stabia esprime stupore e dolore nel constatare che, dopo i molteplici, infondati e offensivi interventi sulla stampa locale e nazionale dei mesi scorsi in merito alla processione del santo patrono della città di Castellammare, ancora una volta, il sindaco Bobbio nell’approssimarsi della processione di gennaio di san Catello ha dato inizio ad un’ulteriore  infondata  polemica».

Alla luce dei fatti del 19 gennaio sembra proprio che avesse ragione il sindaco, il quale, già da magistrato, si era interessato alle infiltrazioni camorristiche nelle feste patronali, utilizzate come occasioni privilegiate per riaffermare la propria egemonia sul territorio. Una questione non nuova, che interessa anche altre regioni meridionali, come la Calabria – dove recentemente è intervenuto il vescovo di Locri mons. Giuseppe Fiorini Morosini sulla festa di san Rocco di Gioiosa Jonica (v. Adista n. 65/11) – e la Sicilia, dove il prossimo 5 febbraio, a Catania, si svolgerà la festa e la processione di sant’Agata, patrona della città, in passato al centro di un’inchiesta giudiziaria (v. Adista n. 23/08) che mise in evidenza il controllo totale delle cosche sulla festa. (luca kocci – adista notizie n. 8 del 2012 )

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