«Sempre meno sacerdoti, la Chiesa deve cambiare» e riammettere i preti sposati al ministero

Fonte: altoadige.it

Don Mario Gretter dice no ai preti sposati e chiude occhi alla realtà (ndr). 

 La diocesi in questi giorni è in festa. L’altro giorno, mercoledì, è stato ordinato un nuovo sacerdote. Matthias Kuppelwieser di Colle Isarco, 38 anni, ha scelto da adulto questa strada e ha portato a termine la formazione. Non ci saranno per almeno sei anni altre cerimonie come quella che è stata celebrata nel Duomo di Bressanone. Perché il vivaio di sacerdoti è quasi a zero. L’età media dei sacerdoti cresce. Con il ricambio quasi azzerato, i parroci in servizio si dividono tra le parrocchie, mentre il ruolo dei laici dovrebbe crescere esponenzialmente. Il percorso è iniziato, ma non basta. «Serve un ripensamento profondo del nostro modo di essere chiesa», ne è convinto don Mario Gretter. Decano del Duomo di Bolzano, è assistente del vicario generale per le questioni riguardanti il clero.

Don Gretter, il seminario di Bressanone è tornato ad avere un piccolo gruppo di studenti. Un passo avanti, rispetto alle aule deserte degli ultimi anni. Attualmente vi sono 13 studenti, ma un solo sudtirolese, gli altri provengono da India e Tanzania.

Sì, è il frutto dell’accordo stipulato con le diocesi di provenienza degli studenti. Da circa un anno quindi abbiamo questo nuovo gruppo. Una novità importante, perché Matthias Kuppelwieser invece ha dovuto frequentare il seminario di Trento. Il percorso verso il sacerdozio deve essere una esperienza comunitaria. Così ora Alex, il nuovo seminarista, può studiare a Bressanone insieme ai compagni indiani e africani. Bene, ma se tutto andrà nel verso giusto la prossima ordinazione verrà celebrata tra sei anni.

I sacerdoti stranieri sono già una risorsa per le diocesi, gravate dalla crisi delle vocazioni. Lo saranno anche questi seminaristi?

Sì, l’accordo prevede che restino con noi cinque anni, una volta ordinati sacerdoti.

E magari qualcuno preferirà restare qui.

No, non è questo lo spirito dell’accordo. Non vogliamo rubare sacerdoti alle diocesi di provenienza, che hanno bisogno di loro. Questi giovani saranno lontani dalla loro terra per più di dieci anni, è giusto che tornino.

La domanda inevitabile sul celibato dei sacerdoti cattolici. I sacerdoti ortodossi si sposano, come i pastori protestanti, i rabbini e gli imam.

Anche i sacerdoti delle chiese cattoliche di rito orientali, per proseguire con l’elenco.

Consentire il matrimonio ai sacerdoti cattolici potrebbe dare una risposta alla crisi delle vocazioni?

Non credo. Il tema è chi si mette al servizio del progetto, che è il progetto di Dio. Come ex referente per l’ecumenismo ho conosciuto bene queste realtà. È una possibilità, ma allora deve cambiare anche la comunità. Perché il prete sposato è una realtà diversa da quella cui siamo abituati, mutano le modalità di rapporto. Se il prete è un papà, come si rapportano i fedeli? Tra gli ortodossi ad esempio è automatico che la moglie del sacerdote sia parte del progetto.

Siete diventati dei parroci multitasking.

In città tutti noi abbiamo più di una parrocchia. Essere parroci di Don Bosco e Pio X significa seguire un quinto dei fedeli bolzanini. Almeno noi possiamo girare in bicicletta, i parroci delle vallate possono arrivare a fare la spola tra otto parrocchie. E i sacerdoti collaboratori sono merce rarissima. Senza parlare dell’età media, oltre i 70 anni. Altro che riforma Fornero…

E quindi laici sempre più rilevanti nella vita della chiesa.

Da anni la diocesi spinge per la formazione di team pastorali, individuando un referente laico responsabile per gli ambiti essenziali, dalla carità alla amministrazione. Si cerca di mettere in pratica un modello di corresponsabilità.

Sta funzionando?

Sì e no. In alcune comunità ci sono laici consapevoli che nei prossimi anni il loro ruolo sarà sempre più rilevante, ma la società cambia e la pandemia ha accelerato certi processi, come la disponibilità di mettersi a disposizione. Un consiglio pastorale dura cinque anni, un tempo troppo lungo per molte persone. Chi smette di lavorare non ha tempo, divide le ore tra i nipoti e la cura dei genitori anziani.

È pessimista?

No, siamo nelle mani di Dio, che è la cosa migliore. Dobbiamo cambiare. Siamo troppo fissati sugli schemi che ci hanno accompagnato, mentre dobbiamo cogliere i segni che arrivano, tornando più umili. Abbiamo davvero ancora bisogno di strutture così grandi? Non credo. F

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