Ma la divulgazione biblica non è fare enigmistica

Resta sempre vero che chi più sa, più deve far conoscere; e chi più ha studiato, più deve divulgare e disseminare le propria scienza a tutti i livelli. È sbagliato infatti contraporre scienza e divulgazione o negare accesso alla complessità a chi (ancora) ha pochi strumenti per capire. Tuttavia un rischio la divulgazione lo corre: quello di ipersemplificare, di saltare l’analisi per giungere in fretta a una qualche conclusione, di voler tutto affabulare per il gusto della fascinazione. Ma la vera ricerca è allergica al facile, non trova sempre le soluzioni e soprattutto non dovrebbe cedere ai gusti soggettivi del ricercatore o del lettore non specialista. La Bibbia, se presa come oggetto di ricerca rigorosa, non fa eccezione a queste regole e anche qui gli eccessi divulgativi possono compromettere non solo la ricerca in sé ma anche il senso di quel che si divulga, ad esempio inserendo messaggi moralizzanti che le sono estranei. In tali compromissioni cade il pur godibile volume del teologo biblico argentino Ariel Álvarez Valdés dal titolo Enigmi della Bibbia, appena tradotto ed edito da Queriniana (pagine 260, euro 28), una delle più serie case editrici di teologia cristiana in Italia.

Nell’originale spagnolo il titolo suona Nuevos enigmas, ma gli enigmi biblici non sono affatto nuovi e nel corso dei secoli miriadi di studiosi, ebrei e cristiani, li hanno meditati e scavati e commentati nella consapevolezza che la Bibbia non è una trattato di teologia ma essa stessa narrazione intrigante, che vuole essere esplorata a ogni generazione. Il rischio nel mappare le contraddizioni delle Scritture (che esistono, eccome) per farne una specie di ‘enigmatistica’ è infine quello di isolare dettagli narrativi e rimarcare mere curiosità al prezzo di perdere il senso complessivo di una storia o di un personaggio.

Si prenda ad esempio Davide: può dirsi un enigma biblico se sia stato omosessuale o meno? Tutto dipende da come si interpretano i verbi con cui è narrata la sua amicizia con Gionata figlio del re Shaul. Ma posto che noi si decifri il valore semantico di quei verbi, sapere se Davide sia stato omo o bi-sessuale cambia qualcosa al senso della sua figura e nel ruolo simbolico che ebbe nel prosieguo della vita di Israele? Individuare il salmo più triste della Bibbia: è un enigma o non piuttosto un giudizio di gusto? Cambia la pregnanza del Magnificat sapere che Maria di Nazareth non l’ha mai pronunciato così come noi lo leggiamo nel testo evangelico? Molti dei venti enigmi biblici qui squadernati, almeno ipoteticamente, non sono altro che complesse questioni di esegesi o, a monte, di critica testuale, che si complicano ancor più quando si raffrontano tra loro le traduzioni: dal greco dei Settanta all’ebraico masoretico, dal latino di Girolamo al tedesco di Lutero.

Il volume si apre con l’enigma di Lilith, la supposta compagna di Adamo prima di Eva: ma si tratta di una leggenda rabbinica… Vero che Álvarez Valdés spiega come tutto nasca da un termine che si trova in Isaia 34,14 e che vuol dire ‘uccello notturno’; ma elevare un dubbio di traduzione a enigma biblico è solo un pretesto per parlare di quell’antica leggenda ebraicobabilonese che nelle Scritture non c’è. Lo studioso enuclea venti enigmi, sia nella Bibbia ebraica che i cristiani chiamano Antico Testamento, sia nel Nuovo dove non sono pochi gli interrogativi aperti, tipo: perché Marco abbandonò Paolo nel suo primo viaggio apostolico? Oppure: come deve essere interpretato l’episodio della trasfigurazione di Gesù? O ancora, se Gesù abbia mai parlato usando il genere letterario dell’allegoria o se abbia impiegato nella sua predicazione ‘solo’ quello della parabola, il mashal della tradizione rabbinica.

Questa è una domanda seria, che ha implicazioni teologiche. Lo studioso argentino la spiega bene fin che riassume la questione in termini storico-critici, ma poi in finale, ecco il cortocircuito ipersemplificante e la caduta nello stereotipo: «Con queste storie semplici – ossia le parabole – Gesù rompeva con gli insegnamenti ufficiali del Tempio, contraddiceva la dottrina dei sacerdoti e confutava le teorie dei dottori… Le autorità del tempo non tolleravano tanta chiarezza e finirono per uccidere un predicatore così». Peccato che i sacerdoti non coltivassero nessuna ’dottrina’ che non fosse una pratica che anche Gesù seguiva, come salire al Tempio per le offerte e i sacrifici, o che quei ‘dottori’ non fossero altro che i farisei i quali insegnavano in parabole come Gesù, stando a molte fonti giudaiche coeve piene di parabole, similitudini, aforismi, proverbi. In piena occupazione romana, con decine di profeti e rivoluzionari e contestatori politici, anti-romani o collaborazionisti, non era certo un maestro che parlava chiaramente in parabole a fare problema. Gli enigmi della Bibbia, come di ogni documento antico, sono riconducibili ai contesti storici e agli interessi ideologici a cui quei testi dovevano servire. Ben venga la divulgazione, allora, se non tradisce però la complessità che avvolge sempre la storia. Anche la storia religiosa.

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Un volume del teologo argentino Ariel Álvarez Valdés fa sorgere alcune perplessità su un certo modo di parlare delle Sacre Scritture sfruttando domande e curiosità esegetiche che relativizzano i testi e finiscono per sfumare le verità di fede

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