La cantautrice Amara autrice di “Che sia benedetta” per Fiorella Mannoia abusata da un prete a 9 anni

La cantautrice Amara rivela il trauma da cui è scaturito il percorso interiore che, grazie all’incontro con una suora francescana, le ha fatto recuperare la fiducia in Dio e l’ha portata a a scrivere canzoni come “Che sia benedetta” per Fiorella Mannoia

Nella stanza in sottofondo si sentono le note di un pianoforte. Amara sta parlando con passione del suo rapporto con la fede, a partire da Che sia benedetta, la canzone scritta da lei con cui Fiorella Mannoia ha sfiorato la vittoria a Sanremo, e da Pace, brano che ha cantato con Paolo Vallesi al Festival e che dà il titolo al suo nuovo, bellissimo, album.

Di improvviso si blocca e quando riprende la voce è flŽebile ma ferma. «C’è una cosa che non ho mai detto a nessuno. Sono cresciuta in una famiglia cattolica. Andavo a Messa, mi confessavo ogni domenica e mi arrabbiavo perché non potevo fare la “chierichetta”. Insomma, ci credevo davvero. Poi un giorno, avevo nove anni, il parroco mi diede un bacio sulla bocca. Ricordo che provai una sensazione bruttissima e scappai via. Da quel momento mi allontanai totalmente dalla Chiesa. Ma continuai a sentire dentro di me una forte tensione spirituale che in seguito mi ha portato ad avvicinarmi al buddhismo».

Poi, un incontro decisivo. «Una decina di anni fa, durante una vacanza, mi sono unita a un gruppo di amici diretto ad Assisi. Lì incontrai suor Michela. Era giovane come me e percepì subito che avevo qualcosa che non andava. Abbiamo trascorso quattro giorni insieme. Cosìho potuto tirar fuori tutta la rabbia che da anni tenevo dentro per essermi sentita tradita. Alla ƒne, mi regalò una fotografia bellissima di un monte con delle ombre in evidenza. E mi disse: “Dio ama anche le tue ombre”».

Il viso di Amara si illumina con un bellissimo sorriso: «Da lì si è riattivato tutto. Ho ripreso a parlare con Dio e ho capito quello che diceva san Francesco: che siamo parte di un tutto, che anche una pianta è mia sorella e che c’è un disegno superiore anche in ciò che ci appare incomprensibile o ingiusto».

Tiriamo un po’ il fiato e torniamo a parlare di Che sia benedetta. C’è un verso che ha colpito un po’ tutti: «Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta». Un’affermazione che di questi tempi può suonare provocatoria: «Sì, la vita in sé è perfetta: va protetta, scoperta, ascoltata. Cosa c’è di più perfetto di un bambino che nasce o di un fiore che attende la stagione per fruttificare? Dentro questo perfetto foglio bianco siamo noi che creiamo il nostro disegno e può venir fuori uno scarabocchio o un’opera d’arte. Per questo ogni tanto penso che non vedo l’ora di essere vecchia per vedere quello che ho combinato».

Già in passato Amara (il suo vero nome è Erika Mineo) aveva affidato sue canzoni ad altre interpreti come Emma o Elodie: «Ma quando è venuta fuori Che sia benedetta ho capito che rappresentava la fine di un percorso. Era troppo personale e allora ho detto al mio produttore: “Questa canzone la canto io. O, al massimo, Fiorella Mannoia!”». Era solo uno scherzo e invece una sera ho ricevuto una telefonata: “Ciao Amara, sono Fiorella”».

La positività di Che sia benedetta si ritrova anche nelle canzoni del nuovo album della cantautrice toscana: una sensazione che emerge tanto nei testi quanto nelle musiche. In più, un gioiello: la rivisitazione di C’è tempo di Ivano Fossati: «Lui mi ha insegnato che scrivere canzoni comporta una grande responsabilità perché spesso, come è capitato a me, agiscono come medicine sull’anima di chi le ascolta. Per questo presto particolare cura ai testi: non devi mai scrivere qualcosa in cui non credi fino in fondo».

Ad aiutarla nella composizione Amara ha da sempre un compagno molto particolare: suo cugino Salvatore Mineo: «Il destino ha voluto che da bambini le nostre famiglie si trasferissero in due case popolari vicine, alla periferia di Roma. Io avevo tre anni e lui 10, così siamo cresciuti assieme. Salvatore ha sempre scritto canzoni e collaborare è stato naturale. Anche adesso viviamo vicini».

Nel libretto che accompagna il Cd sono contenute bellissime foto che mostrano Amara insieme ad alcuni bambini africani. «Sono stata l’anno scorso in Africa con l’associazione Progetto Etiopia e sono stata conquistata da questi bimbi. Un giorno abbiamo camminato nella natura più selvaggia per due ore. A un certo punto dovevamo attraversare un fiume e i bambini hanno creato una catena umana per aiutarmi. Finché sotto una cascata, dove la natura si esprime nella sua massima potenza, sono scoppiata a piangere».

Nelle foto, lo sguardo che Amara rivolge ai bambini è quello di una madre: «Credo che ogni donna, anche se non è ancora madre, conservi dentro di sé questo istinto. Io spero di diventarlo un giorno, quando arriverà il vero amore».

famiglia cristiana

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