Social nemico

E se Google stavolta ce l’avesse fatta? Se con Google+, il suo nuovo social network per ora lanciato solo su invito, avesse fatto centro? Pareva impossibile impensierire giganti come Facebook e Twitter, insidiarli sul loro stesso terreno, quello del Web 2.0.
E non perché a Sergey Brin e Larry Page mancassero mezzi, figurarsi. Ma si sa, spesso quando un colosso cerca di entrare su un nuovo mercato lo fa con movenze goffe, viste che le dimensioni contano perfino sulla Rete.
Così, dopo qualche tentativo non proprio riuscito, e presto fatto a pezzi dai suoi stessi utenti, chissà che stavolta il motore di ricerca per definizione non abbia azzeccato la chimica giusta, il mix killer.
Mark Zuckerberg non fa una piega, tutto sprezzatura di fronte al nuovo concorrente nel suo orto da 750 milioni di profili personali. Eppure, se si è precipitato a fare annunci sul futuro di FB proprio in coincidenza del lancio di Google+ è segno che a Palo Alto qualcuno si è cominciato a preoccupare.
E le cifre di questo periodo sperimentale parlano chiaro: dopo sole due settimane online, il social network di Big G ha toccato i 10 milioni di iscritti e per il week-end che viene potrebbe addirittura raddoppiare. Numeri da capogiro, se si considera appunto che siamo ancora nella fase a inviti.
Per fiutare l’aria che tira nei “circles” che perimetrano Google+, lo stesso Zuckerberg si era aperto il suo profilo, facendo notizia perché ovviamente, nel giro di poche ore, era il più seguito, quello con più amici e followers.
Ma adesso il fondatore di Facebook ha deciso di rendere privato il suo account e di uscire dalle classifiche che misuravano la sua popolarità nei confronti di quella dei suoi avversari, come gli stessi Brin e Page.
Una mossa calcolata, maligna qualcuno, per evidenziare come anche sul nuovo social network esistano eccome problemi di privacy; gli stessi che hanno spesso messo in difficoltà la crescita esponenziale di Facebook.
Ma qual è il segreto del successo di Google+? Probabilmente l’aver fatto tesoro dei trucchi e della grammatica digitale che ha consacrato non solo FB, ma anche Twitter o Linkedin.
Tanto che su somiglianze e differenze da giorni si accapiglia la Rete, a caccia di calchi e plagi. C’è chi sostiene che a funzionare sia l’integrazione più soft e ragionata con il resto del sistema Google, in un ambiente che ricorda meno il Grande Fratello dei precedenti esperimenti della società di Palo Alto. Una dimensione social che non vira immediatamente in una cella online. E certo, anche la fortuna di Gmail come driver per Google+ ha sicuramente giocato un ruolo nella rapida diffusione di questo spazio online.
Per ora siamo molto lontani dalla massa critica non solo di Facebook, ma anche di Twitter, che proprio di recente ha capitalizzato una intervista in diretta con il Presidente americano Barack Obama, più di una consacrazione per il sito di microblogging guidato da Jack Dorsey.
Ma la velocità con cui si cresce oggi in rete, incomparabile solo rispetto a qualche mese fa, fa ben sperare i vertici di Cupertino che forse stavolta hanno indovinato il cocktail giusto.
Anche tra gli smanettoni, rapidissimi al solito a smontare il giocattolo: giudizio – provvisorio, s’intende – positivo anche dal mondo dei geek.
Si vedrà nelle prossime settimane se l’arrivo di Google+ ha davvero spiazzato i suoi concorrenti. Ma la buona partenza sembra dimostrare che l’environment dei social network è ancora tutt’altro che saturo, semplicemente in evoluzione. Niente bolla, insomma, piuttosto la buona, vecchia regola della Silicon Valley: innovare o morire. C’è spazio per tutti, ma quando atterra un pachiderma come Google sono tutti costretti a farci i conti e a darsi una mossa. Perfino i ragazzi terribili del Web 2.0.

di Paolo Campo – europaquotidiano

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