Prete pedofilo a Bagni di Lucca, anche il vescovo prende le distanze

Il Tirreno

Agitazione e indignazione in tutta la Lucchesia per l’arrivo del parroco sotto accusa per essersi appartato con una bambina di 11 anni a Calenzano. Se ne discute animatamente nei bar, nei negozi, per la strada e sul web, dove si commenta con frasi dure e giudizi senza mezzi termini. E anche la diocesi ha preso posizione, spiegando che non si trova all’interno di un edificio di sua proprietà.

In particolare il dibattito è forte a Bagni di Lucca: l’arrivo a Fabbriche di Casabasciana di don Paolo Glaentzer, che il gip ha messo agli arresti domiciliari, ha sorpreso anche il parroco, don Raffaello Giusti, che non era stato informato, così come l’arcivescovo di Lucca, monsignor Italo Castellani.

«Un mese fa – dice don Giusti – quando sono andato a officiare la messa alle Fabbriche ho saputo da una signora che abita lì che, a breve, sarebbe venuto ad abitare un sacerdote, per problemi di salute. La signora ha detto di essere sua conoscente e che sarebbe stata lei a prendersene cura. Ho cominciato a pensare a un possibile aiuto per la parrocchia, data la vastità del territorio, compatibilmente con i problemi di salute del sacerdote. Ma tutto è rimasto lì. Stamattina (sabato 28, ndr) mi è arrivata però una telefonata da Lucca per avvisarmi che “il caso del prete accusato di pedofilia” sarebbe piovuto proprio a Bagni. Non ne era informata neppure la Curia di Lucca, dal momento che don Paolo Glaentzer non è stato incardinato a Lucca , ma a Poggio Sabina e ha svolto il sacerdozio per molti anni a Firenze».

Don Giusti non vuole anticipare sul caso specifico valutazioni e sentenze che spettano alla giustizia, ma in termini generali ricorda che «anche un solo pedofilo in tutta la Chiesa universale è troppo. A Firenze il cardinale ha messo in pratica il decreto che toglie al sacerdote la facoltà di officiare nella diocesi e il nostro arcivescovo sta lavorando per impedire lo svolgimento del ministero anche nelle altre». Il parroco di Bagni di Lucca ribadisce che «la chiesa davanti a questi fatti ha tolleranza zero e ha maturato un maggior rigore, insieme a una maggiore sensibilità. Ora c’è una maggiore attenzione verso questo problema. Chi fallisce viene consegnato alla giustizia civile e alle autorità ecclesiastiche, che esercitano secondo il diritto canonico la loro giustizia. Se il soggetto sotto accusa viene ritenuto non recuperabile, deve essere messo nella condizione di non nuocere».

Più diretti e meno ragionati i giudizi della gente comune sui social network, dove la sentenza è già fatta e dove si invocano le pene più dure. Ma, soprattutto, più d’uno aveva accusato espressamente la curia di aver voluto “ospitare” il prete nel proprio territorio.

Per questo, nel primo pomeriggio, proprio la diocesi guidata da monsignor Castellani ha sentito la necessità di uscire con una nota di precisazione, peraltro assai dura nei toni: «Questo prete non risiede in una casa canonica ma in una abitazione di sua proprietà». In effetti, risulta che l’abitazione nella quale don Paolo sta scontando i domiciliari è di proprieta di suo fratello da diversi anni. E lo stesso don Paolo vi ha più volte passato periodi di vacanza.

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