Pier Paolo Pasolini, grande visionario, e Roma Fino al 20 luglio al Palaexpò

Spezzoni di film-culto come ‘Uccellacci e uccellini’ o ‘Teorema’, pagine di diario, appunti di viaggio, qualche apparizione televisiva, scatti insieme alla Magnani, alla Callas, a Orson Wells o Jean Luc Godard, le pagine dei suoi libri, le testimonianze di una battaglia civile e politica senza soste: è la grande mostra che palazzo delle Esposizioni dedica fino al 20 luglio a Pier Paolo Pasolini, intellettuale a tutto tondo, ma soprattutto grande visionario capace di rivelare nei suoi 25 anni romani un’immagine della città eterna (e della società occidentale) ancora oggi di spiazzante attualità.

‘Pasolini-Roma’ è stata l’ultima fatica di Gianni Borgna, scomparso a febbraio, che aveva affiancato nella curatela della mostra Jordi Balló e Alain Bergala per raccontare la relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio che legò il poeta, scrittore e regista alla capitale.

Pasolini arrivò a Roma nel 1950, con la madre, dopo essere stato rimosso dall’insegnamento nelle scuole pubbliche ed espulso dal Partito comunista in seguito a una denuncia per atti osceni, racconta in un video l’ex-assessore capitolino, che da giovane l’aveva incontrato. Ed era rimasto colpito dalla sua dolcezza e disponibilità e al tempo stesso dalla forza della sua critica, dalla determinazione di dire sempre la verità.

”A questa mostra Borgna si è dedicato fino all’ultimo – ha detto il direttore dell’Azienda speciale Palaexpò Mario De Simoni – applicando una strategia particolare, quella di dedicarvisi come se la malattia non esistesse”. Anche per lo sforzo di Ballò e Bergala, il risultato è una mostra non nostalgica, bensì un messaggio alle nuove generazioni per capire la complessità della realtà contemporanea che Pasolini aveva colto quasi profeticamente.

”Era andato a vivere nella periferia povera, a Ponte Mammolo, in una casa ‘senza tetto e senza intonaco’ nei pressi della prigione di Rebibbia – raccontava ancora Borgna – era un povero tra i poveri nelle borgate”. Quindi la città eterna non è mai per Pasolini uno scenario di cinematografico, né soltanto un luogo in cui vivere, ma un’universo da scoprire, che negli anni diventerà per lo scrittore e critico il principale punto di osservazione, campo di studio, riflessione e azione per una comprensione della società capace di travalicare il suo stesso tempo.

Testimoniando con la sua vita il senso e la forza di una comunità culturale solidale, che all’epoca gli fa quadrato nei 32 processi di cui è al centro. E fino alla sua tragica morte. Non è un caso che la mostra sia stata un successo nelle due precedenti edizioni al Centro di Cultura contemporanea di Barcellona e alla Cinemateque Francaise di Parigi, ha concluso Jordi Ballò, evidenziando come i giovani si siano avvicinati con entusiasmo alla lettura pasoliniana della civiltà occidentale, che porta un messaggio di verità dirompente ancora oggi.

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