Lottare contro le mafie (anche) attraverso la preghiera. In tutti i modi: da quello cristiano (cattolico, ortodosso, protestante…) a quello dei ‘fratelli maggiori’ gli ebrei, fino a quello dei musulmani. E, tutto sommato, anche la preghiera laica di chi è impegnato nella battaglia contro la prevaricazione mafiosa. A Modena si fa così: cominciata lo scorso anno, nella vigilia della giornata contro le vittime innocenti delle mafie, la preghiera interconfessionale è proseguita quest’anno, sempre alla Beata Vergine Addolorata (non in chiesa, ma in una sala della parrocchia) e sempre la sera del 20 marzo.
Presenti, oltre ai rappresentanti delle istituzioni e di Libera Maurizio Piccinini e a parenti di vittime che vivono nella nostra città, le guide spirituali e i rappresentanti di diverse confessioni religiose. A partire dall’arcivescovo, don Erio Castellucci, passando per il sacerdote ortodosso padre Giorgio Arletti, mentre era assente per una funzione funebre il pastore valdese Michelle Charbonniere. Il rav Beniamino Goldstein, il rabbino di Modena, è arrivato e con lui c’era Adil Laamane, rappresentante della comunità islamica della moschea di via Portogallo.
Tutti, indistintamente, hanno usato parole chiare e inequivocabili per dire no alla violenza, di qualsiasi genere, e alle mafie. «Già questo di trovarci insieme è una risposta – ha sottolineato il vescovo – e l’illegalità passa anche attraverso a gesti quotidiani. Trovarci a pregare e con uomini di buona volontà, creare una mentalità per chi crede di Dio e per tutti del rispetto della legalità e della giustizia, è un gesto importante. Penso alla scritta contro don Luigi Ciotti e chi combatte le mafie, che sono chiamati ‘sbirri’, il ‘meno sbirri, più lavoro’ contiene il fatto che in certe zone è la mafia a dare lavoro. La vera risposta è isolare questa mentalità, ed è bene richiamare il fatto che la Chiesa, ormai da molti anni, ha scomunicato i mafiosi. Anche quelli che cercano di passare per devoti». Il rabbino Goldstein ha letto brani di salmi sulla giustizia per sottolinearne l’importanza fondativa. Adil Laamane.,portavoce della comunità musulmana, ha spiegato: «Questo è un segnale di pace, armonia.
Vogliamo testimoniare l’indignazione verso qualsiasi forma di violenza, dal terrorismo alla mafia.
Non dimentichiamo quello che è successo, fare memoria è importante». Infine padre Giorgio Arletti ha portato il discorso sull’impegno in carcere, con tre episodi paradigmatici: Il rapporto con il crimine, con il peccato, dei detenuti è da sottolineare. E’ difficile per i cappellani in carcere lavorare, speriamo che attraverso le nostre preghiere qualcosa cambi».
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