Londra 2012: gadget olimpici realizzati sfruttando i lavoratori cinesi

La denuncia è di un’organizzazione attivista con base a Hong Kong, che ha intervistato decine di operai. Guadagno giornaliero di sette euro, straordinari tre volte superiori al consentito per legge, condizioni di lavoro pessime, mancanza di sicurezza. Paga decurtata del 505 per un ritardo di cinque minuti. Appello al Cio per un codice di condotta delle aziende legate alle Olimpiadi.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Prodotti e oggetti di merchandising legati alle Olimpiadi di Londra 2012 – al via il prossimo 27 luglio – sono stati realizzati in condizioni di sfruttamento e con margini di guadagno irrisori (poco più di sette euro al giorno), nonostante le promesse degli organizzatori di rigore e trasparenza. È quanto emerge da un recente rapporto pubblicato da Students and Scholars Aganist Corporate Misbehaviour (Sacom), un’organizzazione che lotta per i diritti dei lavoratori con base a Hong Kong. Nelle ultime settimane gli attivisti hanno intervistato decine di operai e dipendenti delle aziende cinesi, che producono i gadget legati all’evento sportivo. Nella denuncia emergono inoltre condizioni di lavoro “critiche”, con personale esposto a prodotti chimici e solventi o costretto a orari “fino a tre volte” superiori al consentito.

In una delle aziende prese in esame, la Shiwei nello Shenzhen, i lavoratori erano costretti a comprarsi da soli le maschere protettive e il loro salario veniva decurtato del 50% se arrivavano con cinque minuti di ritardo al lavoro. Fra le aziende soggette a indagine vi è anche la Xinda nel Guangdong, che ha curato la produzione di 25 milioni di pupazzetti di plastica rappresentanti le mascotte ufficiali dell’evento londinese, Wenlock e Mandeville.

Gli attivisti di Sacom hanno anche riportato le pessime condizioni ambientali nei reparti di verniciatura, in cui gli operai erano esposti a sostanze tossiche “sospese nell’aria”. Le maschere venivano fornite solo una o due volte al mese; in più occasioni sono stati gli stessi lavoratori a comprarle col proprio stipendio. Molti al termine della giornata lasciavano la fabbrica ricoperti di vernice e persino la loro saliva cambiava di colore, mentre altri erano soggetti a malanni o stanchezza cronica.

Nel periodo di maggiore produzione, compreso tra dicembre e aprile, il personale di numerose fabbriche era costretto a lavorare 12 ore al giorno per sei giorni alla settimana, raggiungendo fino a 120 ore al mese di straordinario a dispetto del tetto massimo di 36 fissato dalle leggi cinesi.

Gli autori del rapporto lanciano infine un appello al Comitato olimpico internazionale (Cio), perché assicuri migliori standard lavorativi nella produzione di oggetti legati all’evento sportivo a partire dalla prossima edizione. Le “crescenti violazioni”, sottolineano gli attivisti Sacom, mostrano che gli attuali regolamenti sono inefficaci. Il Cio è “dovrebbe adottare un codice di condotta per i fornitori” che regoli i compensi, l’orario e le condizioni di lavoro.

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