Lecce. Prete indagato per abusi, un caso con molte domande aperte

Accuse infamanti, ma ancora nessuna prova. La Procura di Lecce sta valutando il racconto di una quattordicenne che ha riferito di abusi da parte di un giovane sacerdote in servizio all’epoca dei fatti che gli sono attribuiti in una parrocchia alle porte del capoluogo, e da agosto trasferito altrove per un normale avvicendamento. Le indagini cercano di far luce su una vicenda dai contorni nebulosi, ambientata in un contesto fortemente degradato, con i media che già ventilano ipotesi non dimostrate: episodi ripetuti nei locali della parrocchia, il silenzio se non la complicità della madre, il possibile coinvolgimento di altri minori. La Curia preferisce non interferire con commenti nell’accertamento dei fatti, ma segue con grande attenzione una vicenda che non ha tuttavia portato a provvedimenti nei confronti del sacerdote, assai stimato anche per il suo lavoro di insegnante. La ragazza – sulla quale non sono stati ravvisati segni di violenza – intanto è stata allontanata dalla famiglia, che pare assai divisa, e messa al riparo dal clamore del caso.
Il contesto familiare della giovane sarebbe caratterizzato, secondo le prime ricostruzioni, da quello che viene descritto come un forte degrado. La ragazza l’estate scorsa aveva visitato a Napoli il padre – separato due anni fa dalla madre – dove si trovava agli arresti domiciliari presso la zia, che ne avrebbe raccolto la confidenza sul comportamento del parroco. Un resoconto che avrebbe involontariamente fornito nuovo materiale nel contenzioso tra i due coniugi, con il marito che sarebbe convinto dell’esistenza di una relazione tra la moglie e il sacerdote. Ne era nato l’esposto della zia all’autorità giudiziaria, che ha inevitabilmente fatto aprire un’indagine a carico del prete leccese, condotta sinora nella massima discrezione dal sostituto procuratore di Lecce Stefania Mininni e dalla Procura dei minori coordinata da Maria Cristina Rizzo. Appare dunque comprensibile che la ragazza da alcuni giorni sia stata portata in una comunità protetta, separandola dal quadro familiare, in modo da accertare senza alcuna pressione estera il reale svolgimento dei fatti, che sarebbero accaduti dall’inizio del 2017 sino a luglio.

Va notato infine che,pur in assenza di prove e in attesa di una ricostruzione giudiziaria dei fatti, i resoconti di molte fonti mediatiche e le stesse foto utilizzate per illustrare gli articoli – doverosamente costellati di condizionali – sembrano aver già stilato una sentenza di condanna. Comunque si dipani il caso nei prossimi giorni, è un’altra pagina non certo felice per l’informazione nostrana.

avvenire

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