Don Franco Reverberi, Nordio stoppa l’estradizione del prete accusato di torture e omicidio nell’Argentina di Videla

Don Franco Reverberi, Nordio stoppa l’estradizione del prete accusato di torture e omicidio nell’Argentina di Videla

Don Franco Reverberi, sacerdote della diocesi di Parma accusato di diversi crimini compiuti in Argentina durante la dittatura civico-militare del 1976-83, resterà in Italia. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha infatti respinto l’estradizione in Argentina del prelato: nell’ottobre scorso la Corte di Cassazione aveva recepito la decisione della Corte di Appello di Bologna respingendo il ricorso contro l’estradizione presentato dalla difesa del sacerdote.

Nordio aveva 45 giorni di tempo per confermare o meno la decisione della Cassazione, che il Guardasigilli del governo Meloni ha deciso di respingere.

Le accuse contro don Franco Reverberi

L’accusa contro il sacerdote della diocesi di Parma, oggi 87enne, è quella di aver assistito a numerose torture alle quali erano sottoposti i prigionieri del regime di Videla prima di essere uccisi e fatti scomparire. Tra questi l’omicidio nel 1976 di Josè Guillermo Beron, all’epoca ventenne e tuttora desaparecido.

Come spiega l’onlus 24marzo.it, “come diversi altri individui accusati di essere stati parte attiva nei crimini compiuti durante la dittature del Cono Sur, come per esempio Carlos Malatto, Daniel Cherutti, Jorge Troccoli, grazie al doppio passaporto si è trasferito in Italia molti anni fa e per lungo tempo ha vissuto indisturbato”.

Chi è don Reverberi

Reverberi, cappellano militare a Mendoza nel 1980, era ricercato per alcuni atti avvenuti nel centro di detenzione clandestina “La Departamental” dalla giustizia argentina che indagava sugli omicidi e sulle sparizioni di migliaia di giovani nell’ambito del cosiddetto Piano Condor.

Nella primavera del 2011, quando era stato raggiunto da una convocazione del procuratore federale, il sacerdote, che si è sempre dichiarato innocente, aveva trovato riparo in Italia, per la precisione a Sorbolo (dove era nato nel 1937, con i familiari che lasciarono il paese per raggiungere l’Argentina), piccolo centro della provincia di Parma dove ha anche celebrato messa.

Nel difendersi dalle accuse di crimini contro l’umanità e di aver assistito alle sessioni di tortura cui erano sottoposti i prigionieri del regime del generale Videla, don Reverberi aveva sottolineato che “quando nel 1976 hanno torturato non ero cappellano. Lo sono diventato nel 1980, quattro anni prima non ero proprio presente”.

Secondo il sacerdote si trattava “di una strumentalizzazione. Vogliono dimostrare che la Chiesa è stata complice dei militari. Solo il Signore sa come finirà questa vicenda, sono nelle mani di Dio”.

unita.it

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