Chiese chiuse

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di: Antonella Cattorini Cattaneo
settimananews.it

La lettura di Chiese chiuse (Einaudi 2021) dello storico dell’arte Tomaso Montanari aiuta a riflettere sullo stato attuale del patrimonio artistico, cultuale – e al contempo culturale – italiano. Il titolo è eloquente e riecheggia volutamente fenomeni di mercificazione di cose sacre, come il corpo femminile.

Vi si leggono pagine ben documentate che descrivono e denunciano lo stato di abbandono – non solo materiale – di spazi sacri, soprattutto antichi. Viviamo lo stesso disagio dell’autore quando vediamo sbarrate le porte di edifici religiosi ricchi di tesori non solo artistici. Le navate di chiese che mitigano il caldo estivo; il silenzio di spazi che zittiscono il frastuono cittadino e ci isolano favorendo refrigerio spirituale valgono quanto i pregiati affreschi lì presenti.

E altrettanto ci adiriamo quando constatiamo come tale patrimonio venga alienato, svenduto o concesso a pagamento per qualche manifestazione cui pochi possono partecipare. O pochissimi, quando i costi risultano molto elevati. Inevitabile la domanda: “Che fare? “.

Le proposte del coraggioso storico dell’arte – “cattolico credente e praticante” – sono diverse e tutte motivate da una convinta difesa del valore pubblico e religioso delle nostre antiche chiese. Spazi che, nel tempo, sono stati abitati da molte persone, appartenenti a fedi, culture e strati sociali diversi. In tal modo sono diventate “pietre vive” e si auspica ritornino a essere tali.

Lo studioso cita sia versetti evangelici (anche con il commento di papa Francesco) sia articoli della Costituzione italiana in difesa di questo fine. “La pietra scartata dai costruttori… divenuta testata d’angolo” (Mt 21,42) è un monito per scelte coraggiose atte a recuperare non solo edifici sacri dismessi ma anche a farne sedi di “altre pietre scartate – gli ultimi, i marginali, i poveri… da amare fino a diventare pietre angolari”. L’investimento nella tutela del patrimonio pubblico (tra cui anche le chiese) è prioritario nella nostra Carta, come recita l’articolo 9.

Ritornando alla domanda sul “che fare?” Alcune iniziative – non esaustive ma significative – vengono da esempi a me vicini. Si tratta di lodevoli associazioni di fedeli (in genere pochi e molto laboriosi) volte a tutelare un patrimonio sentito come prezioso.

Non sono storici d’arte, anche se spesso incaricano studiosi per meglio conoscere gli edifici che intendono difendere, ma persone che in quegli spazi hanno vissuto esperienze importanti per il loro cammino spirituale e civile (matrimoni, per esempio) e che soprattutto amano quei luoghi.

Per questo si adoperano sia con molta concretezza (pulizia, riordino, apertura e sorveglianza degli ambienti), sia favorendo iniziative volte a recuperare fondi per restauri e manutenzione. Promuovono incontri anche semplicemente per far conoscere edifici che tutti vedono “con la coda dell’occhio” ma dei quali i più non sembrano accorgersi.

È il caso di “Santa Maria Nova” o del Pilastrello a Vimodrone, iniziata nel 1524 grazie alle offerte della popolazione e internamente corredata da un bellissimo ciclo di affreschi attribuiti a maestri lombardi della scuola di Bernardino Luini, Bergognone e Gaudenzio Ferrari.

Inutile dire che il “Gruppo Amici di Vimodrone” fatica a rendere fruibile questa chiesetta posta su una trafficata strada costellata da centri commerciali (quelli sì sempre aperti!) e spazi industriali. È inoltre situata a fianco dell’ingresso del cimitero comunale. Davvero spiace registrare che una piccola e artistica aula non possa essere aperta a chi, prima o dopo una visita ai propri cari defunti, si voglia raccogliere in preghiera o offrire spazio a chi si incontra per un commiato con rito civile.

Ancora più ardua (ma a volte possibile grazie a un esiguo gruppo di fedeli) è la visita di Santa Maria in Campo a Cavenago Brianza, bella chiesa romanica isolata nella campagna lombarda nei pressi di Agrate a fianco dell’autostrada A4 (la trafficatissima Milano-Venezia) e sempre visibile con la “coda dell’occhio”. I tour turistici di oggi certo non favoriscono queste mete, note invece ai pellegrini di secoli fa.

Eppure, la parete affrescata che chiude l’unica navata dell’oratorio campestre è una bella pagina pittorica cinquecentesca di un artista appartenente alla bottega cremonese dei Campi. Merita una lettura attenta la Passione di Cristo lì illustrata nei suoi personaggi; testo che non solo i bambini potrebbero apprezzare per approfondire il sempre sorprendente messaggio evangelico: singolare la figura di Gesù-giardiniere, con un cappello a larghe tesa, che incontra Maria Maddalena nei pressi del sepolcro, chiamandola con il suo nome.

Assai attiva è l’Associazione “Amici del Sacro Monte” che da più di 30 anni cura il periodico Il nostro Sacro Monte avendo particolarmente a cuore la “via matris” sopra Varese. Leggo alcuni articoli di questa pubblicazione e sono ammirata dall’attenzione che più persone rivolgono a un secolare luogo sacro, raro e prezioso connubio di natura, arte e cultura.

Diversi autori firmano queste pagine: le monache Romite Ambrosiane che dimorano nel monastero in cima allo stesso monte; studiosi di arte e di storia locale; pellegrini e camminatori che testimoniano devozione o riconoscono la bellezza e la spiritualità del luogo. Immagini a colori richiamano scenari naturalistici (comprese le zone limitrofe prealpine affacciate sui laghi) e documentano le opere d’arte: le cappelle secentesche del “teatro montano”, il Museo Pogliaghi, gli affreschi trecenteschi della cripta romanica del Santuario recentemente restaurati.

Non mancano fotografie, più o meno ingiallite, di gruppi di pellegrini e camminatori. Bastano poche righe o anche solo una didascalia per raccogliere impressioni di vivace apprezzamento. Certamente fanno riflettere – tra questi fogli – le pubblicità di aziende e gruppi commerciali locali nonché il bollettino per il versamento di una quota associativa.

La lodevole iniziativa di (pochi) gruppi privati segnala una carenza istituzionale che Tomaso Montanari denuncia con chiarezza. Lo Stato italiano, insieme alla Chiesa, ha da collaborare più concretamente e con creatività per consentire l’apertura di chiese non accessibili. Essere cittadini significa promuovere con leggi e risorse la cura di ciò che è stato ed è di tutti.

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