Algeria: 15 anni fa l'assassinio dell'arcivescovo di Oran, mons. Pierre Claverie, lo "sheik cristiano"

(a cura Redazione "Il sismogrfo")

A 15 anni dalla sua morte mons. Pierre Claverie è presente nella memoria di molte persone che lo conobbero, ma anche tra coloro che di lui ebbero più notizie dopo la sua uccisione, il 1° agosto 1996. Mons. Claverie, algerino-francese, dominicano, era l'arcivescovo di Oran (- la città della "Peste" di Albert Camus) e come ricorda la stampa dell'epoca, tre ore prima di morire, insieme con il suo giovane autista, si era incontrato con Hervé de Charette, ministro degli Affari esteri di Parigi. La vita del vescovo, nel mirino dell'estremismo islamico algerino, in particolare del Gia (Gruppo islamico armato), finì nel cortile dell'episcopato con una terribile deflagrazione: una bomba collocata nelle vicinanze della macchina. Suor Marie-Noèlle racconterà poi alla tv francese: "Abbiamo sentito un'esplosione, siamo corsi fuori, ma già immaginavamo quel che era successo". Il vescovo dopo la riunione con il ministro francese si era recato con lui al monastero di Tibéhirine, vicino a Medea, per inginocchiarsi sulle tombe dei sette monaci trappisti rapiti e assassinati la notte tra il 26 – 27 marzo sempre del 1996. "Un colpo durissimo per la comunità cattolica e le speranze di pace in Algeria», sarà il commento de «L'Osservatore Romano». Mons. Claverie era molto preoccupato per la visita del ministro francese, la prima di un alto rappresentante francese dopo quasi 4 anni di gravi tensioni tra Parigi e Algeri. Un articolo de La Stampa di Torino (3 agosto 1996) ricorda: "Monsignor Claverie aveva previsto che la visita del ministro de Charette avrebbe potuto provocare «la ricerca di un attentato spettacolare». Intervistato martedì scorso dall'emittente «Rcf» (Radio Cristiane di Francia, con sede a Lione), Claverie, dopo aver ricordato che esistono forze molto ostili «a qualsiasi influenza dall'esterno» nelle vicende algerine, aveva sostenuto che «esiste il rischio di un attentato spettacolare per contrastare gli effetti positivi della visita». Per la Chiesa cattolica nel Paese la situazione era ugualmente difficile: dall'8 maggio 1994 al 1° agosto 1996 erano stati uccisi già 11 religiose, preti e suore. Con l'uccisione di mons. Claverie il terrorismo islamico vuole puntare per la prima volta verso la gerarchia scegliendo un uomo mite che, come poi hanno ricordato in molti, "non si sentiva un missionario: lui a Algeri non era venuto, c'era nato, 58 anni fa. Domenicano, grande studioso della cultura araba e collezionista di manoscritti antichi, aveva sostenuto la lotta degli algerini per l'indipendenza, tanto da essere soprannominato «lo sheik cristiano». Da sempre avversario dell'integralismo islamico, si era schierato contro qualsiasi trattativa tra governo e fondamentalisti: non solo con il Già, ma anche con i «moderati» del Fronte islamico di Salvezza (Fis), che ora da Bonn condannano il suo assassinio. Quando gli chiedevano se aveva paura, rispondeva: «Certo che sì. Non cerco il martirio, la mia vita è preziosa. Ma proprio per questo non posso tenerla in freezer». Il Papa ha espresso la sua «profonda tristezza» in un messaggio di condoglianze alla Chiesa algerina. E a Giovanni Paolo II si è rivolto Jacques Chirac, per esprimergli «la solidarietà del popolo francese per la crudele prova che tocca ancora una volta la Chiesa». (La Stampa, 3 agosto 1996).

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