Palestinesi o israeliane, quando piangiamo sulle loro tombe, le lacrime che scendono dai nostri occhi hanno lo stesso colore e il medesimo è il dolore che noi madri proviamo

I funerali di quattro cugini adolescenti uccisi durante i combattimenti di questi giorni nel nord della Striscia di Gaza

I funerali di quattro cugini adolescenti uccisi durante i combattimenti di questi giorni nel nord della Striscia di Gaza – Reuters

Fondato nel 1995, «The Parents Circle – Families Forum» (Pcff) è una organizzazione di più di 600 famiglie, israeliane e palestinesi, che hanno perso un parente stretto nel conflitto israelo palestinese. Di seguito pubblichiamo la lettera appello di «Parents circle – Families Forum » indirizzata alle madri di Palestina e Israele.

Forse non parliamo la stessa lingua e non godiamo degli stessi diritti. Non viviamo tutte sotto occupazione, private di un eguale accesso alla giustizia o addirittura della libertà di movimento. Una cosa, però, è inequivocabilmente vera. Condividiamo lo stesso amore per i nostri figli, i nostri bambini. Quei figli, quei bambini, sono le vittime di ogni battaglia.

Chi sopravvive, che adulto diventerà? Cresceranno pieni di rabbia e desiderio di vendetta e cercheranno di continuare a uccidersi a vicenda? Come potremmo biasimarli? Madri di Gaza, cosa provate quando iniziando a cadere le bombe e non avete nessun luogo dove fuggire? Nessun rifugio dove proteggere i vostri figli e voi stesse. Siete alle mercé del destino.

Noi che abbiamo già avuto uccisi i nostri figli sappiamo meglio di chiunque altro che cosa significa perdere un figlio. La vita non sarà più la stessa per le mamme dei sessantotto bambini che hanno perso la vita nell’ultima guerra. Chi ricorderà i loro nomi, a parte le loro madri? Non sono vittime celebri di cui altri si cureranno.

E dei bambini morti negli ultimi giorni, chi si ricorderà, dopo il cessate il fuoco, se non le loro madri? Non ci sono porti sicuri per i bambini di Jabalya, Deir al Balah, Khan Yunis. Sono in balia della fortuna. Madri di Ashkelon, Sderot e dei kibbutz dei dintorni, che avete solo pochi secondi per raggiungere i rifugi, quali dei vostri figli metterete al sicuro per primo? E se uno di loro fosse per caso su una sedia a rotelle? Chi salvereste?

Il trauma non passa: così, ci sono bambini di dodici anni e più che tornano a fare la pipì a letto e hanno notti abitate dagli incubi. Con grande abilità assassiniamo i leader. Ma ricordiamoci: come l’Idra della mitologia greca, tagliata una testa un’altra sorgerà. Forse, è venuto il tempo per volgerci da un’altra parte. La violenza chiama violenza.

Tutte queste intelligenze in battaglia. Potrebbero certamente essere impiegate per una soluzione che non perpetui la violenza con gli strascichi di devastazione e perdita di speranza per il futuro. Madri di Palestina e Israele, comunque vadano le cose e qualsiasi informazione la stampa vi darà, una cosa è chiara: quando noi, che abbiamo perso i figli, li piangiamo sulle tombe, le lacrime che scendono dai nostri occhi hanno lo stesso colore e il medesimo è il dolore che noi madri proviamo.

Uniamoci in un appello a chi ha il potere di mettere fine all’uccidere perché le capacità e le intelligenze siano messe al servizio di una soluzione. La pace non nascerà dalla guerra.

Avvenire

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