Evitare una discriminazione. Monsignor Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara-Comacchio risponde agli attacchi del sindaco leghista Alan Fabbri

Alan Fabbri, sindaco di Ferrara tuona contro il vescovo e nega gli alloggi popolari ai migranti. Ma il tribunale e corte d’appello gli danno torto. Dieci famiglie riammesse in graduatoria.

Non si tratta di difendere un privilegio, ma di evitare una discriminazione. Monsignor Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara-Comacchio risponde agli attacchi del sindaco leghista Alan Fabbri sul caso dell’assegnazione delle case popolari. Case che il primo cittadino della città estense avrebbe voluto riservate ai soli cittadini storici della città.

Monsignor Perego, ci spiega cosa sta succedendo?

«È molto semplice. Nel 2021 il sindaco aveva affermato che avrebbe dato le case popolari solo agli italiani. Dopo aver detto questo aveva modificato il regolamento per l’assegnazione di questi immobili accentuando la residenzialità storica. In questo modo tutti i 157 alloggi erano stati dati a ferraresi. Erano rimasti esclusi non solo i migranti, ma anche e giovani coppie, gli italiani di altre regioni, gli studenti fuori sede. In quella occasione avevo detto che le case non vanno date agli italiani, ma a chi ne aveva diritto. Il sindaco mi ha subito attaccato».

Come era stato modificato il regolamento?

«Era già prevista la residenzialità di tre anni. Il regolamento regionale prevedeva poi di poter aggiungere un mezzo punto in più per ogni anno di residenza. In molti Comuni a guida leghista questo mezzo punto per anno è stato talmente esasperato da arrivare, nei fatti, a negare gli alloggi a tutti i migranti. L’Asgi (associazione studi giuridici immigrazione) aveva impugnato la decisione del Comune come discriminatoria e sia il tribunale di Ferrara che la corte d’Appello hanno condannato il Comune. E la regione ha deciso di modificare il regolamento in modo da consentire a tutti di concorrere alle graduatorie senza discriminazioni. Resta il criterio dei tre anni di residenza, ma viene tolta la possibilità di aggiungere gli altri mezzi punti che, di fatto, impedivano anche alle giovani coppie di italiani non ferraresi di poter accedere agli alloggi popolari».

Quante famiglie di migranti sono state riammesse in graduatoria dopo le condanne dei tribunali?

«Dieci. Va detto che, a dispetto di quello che si pensa, i migranti che accedono agli alloggi popolari sono molto pochi In media si tratta di un 3 per cento con punte che, in comuni come Bologna, arrivano al 19. Ma si tratta di una eccezione. Va anche detto che l’80 per cento degli italiani possiede una casa di proprietà contro un 20 per cento di migranti. A Ferrara, grazie alla buona integrazione dei migranti, questa quota sale a un 30 per cento».

Le famiglie di migranti che erano state escluse dalle graduatorie come hanno vissuto?

«Male. DI alcune ce ne siamo occupati noi grazie a degli appartamenti messi a disposizione dalle parrocchie e grazie all’aiuto della Caritas».

Il sindaco l’ha invitata ad accoglierli nella sua “reggia” che ha definito “grande, ma vuota”.

«La “reggia”, cioè l’arcivescovado è ancora in ristrutturazione per via dei crolli dovuti al terremoto. Quando i lavori saranno ultimati lì verrà il museo diocesano. Noi, comunque, da sempre aiutiamo chi ne ha bisogno. Grazie alla Caritas diocesana abbiamo assistito 200 nuclei familiari, in particolare abbiamo aiutato tante donne con bambini. E sono stati 60 i piccoli nati lo scorso anno. Ferrara, che sta invecchiando moltissimo, e che ha bisogno di persone che si dedichino soprattutto all’agricoltura, come fanno molti migranti, dovrebbe essere grata per queste presenze».

Fonte: Famiglia Cristiana – famigliacristiana.it

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