Kafka, una risata vi salverà

di Gianni Vattimo in La Stampa

«La lettura del Processo, libro saturo di infelicità e di poesia, lascia mutati: più tristi e più consapevoli di prima». Così scrive Primo Levi nella nota finale della sua traduzione del libro di Kafka (Einaudi 1983). Ma per raccomandarne la lettura, o la rilettura, si potrebbe invece ricordare che, come ci informa Ladislao Mittner in una nota della sua Storia della letteratura tedesca, «leggendo agli amici il primo capitolo del Processo, Kafka rideva fino alle lacrime». In fondo, ciò che è rimasto anche nel linguaggio comune come il senso «kafkiano» di un evento o di una esperienza è questa mescolanza di tragedia inspiegabile e di vuoto grottesco da «macchina inutile»: una giornata al ministero dell’Istruzione per cercare notizie su una pratica sepolta tra milioni di altre è l’esempio a cui pensiamo quando sentiamo il termine.

La storia è fin troppo semplice: una mattina l’impiegato, anzi procuratore, di banca Josef K. si sveglia e riceve la visita di due signori che lo dichiarano in arresto. Per che cosa non si sa. Del resto non lo obbligano a seguirli in prigione, può continuare la sua vita normale, ma sapendo che è in corso contro di lui un processo. Il resto del libro è il racconto degli sforzi, vani, di K. per entrare in contatto con il tribunale, capire di che cosa lo si accusi, trovare il modo di difendersi.

Ognuno dei passi che il protagonista compie è descritto con minuzioso realismo, con una attenzione – indubbiamente sospetta – ai particolari più insignificanti. E d’altra parte tutto, a cominciare dai luoghi dell’azione, ha nel libro dimensioni volutamente ridotte e soffocanti: il tribunale ha sede nelle soffitte di un vecchio edificio di periferia, addirittura in un soppalco dove gli impiegati rischiano di urtare con la testa il soffitto; lo studio dell’avvocato a cui a un certo punto K. pensa di affidarsi è un appartamento sordido e l’avvocato stesso lo riceve stando a letto; il pittore Titorelli, altra figura che dovrebbe aiutare K. per via delle conoscenze che ha nel sottobosco giudiziario, vive anche lui in una orrenda e piccolissima soffitta assediato da un gruppo di bambinacce che lo spiano e a cui K. riesce a sfuggire solo uscendo da una porta sul retro che raggiunge scavalcando il letto.

Anche i personaggi legati al tribunale con cui K. riesce a entrare in contatto sono sempre figure marginali, avvocaticchi che non contano niente e promettono sempre mosse e interventi che non compiono. Per giunta, K. li raggiunge per lo più attraverso la mediazione di personaggi ancora più secondari, come la serva Leni che vive con l’avvocato Huld (il nome significa «Grazia» in tedesco), e con la quale K. instaura anche un rapporto erotico piuttosto torbido (come anche altri clienti dell’avvocato, e l’avvocato stesso). La colpa di K. avrà da fare con il sesso?, ci si domanda. Certo non con l’amore, le figure femminili che compaiono nel romanzo non aprono alcuna prospettiva su questa dimensione. E le biografie di Kafka ci informano che egli ruppe – come Kierkegaard – vari fidanzamenti come se il suo destino fosse di vivere da solo, sfuggendo a ogni impegno esistenziale di tipo «etico», nel senso, ancora, di Kierkegaard.

La galleria dei personaggi e i vari eventi che si dipanano intorno a essi possono dar luogo a una quantità di letture simboliche. E del resto si sa che soprattutto l’ebraismo di Kafka ha dato luogo al filone principale delle interpretazioni di questo libro, come dell’altro grande capolavoro che è Il Castello. In entrambi i casi, e in moltissimi altri testi narrativi kafkiani, domina il senso dell’inaccessibilità di un mondo superiore (il Tribunale, il Castello) a cui si dovrebbe poter accedere per dare senso all’esistenza che altrimenti resta segnata dalla colpa. Il processo è forse il più esplicitamente «religioso» tra i capolavori di Kafka, e non a caso si chiude con il grande rito espiatorio della morte di K., ucciso «come un cane» da due carnefici (che sembrano maschere teatrali, anche loro non rappresentano in nulla l’autenticità e l’essenziale) su un rudimentale altare finalmente all’aperto, in una cava di pietra alla luce della luna in un notte serena. Alla dimensione religiosa allude esplicitamente, del resto, il penultimo capitolo del libro, che si svolge nel Duomo della città, dove il protagonista ha un lungo incontro con un sacerdote che vuole persuaderlo della sua colpevolezza anche se non sa nemmeno lui, pensa K., che tribunale serve.

Ma, alla fine, tragedia o «umorismo patibolare» (Mittner)? Se il senso del tutto fosse che non c’è un senso o – come direbbe Nietzsche – che «la cosa in sé è degna di una omerica risata»? Le due alternative non sono poi così lontane, se più o meno negli stessi anni in cui usciva (postumo, l’autore era morto nel 1924) Il Processo (1926 ), Ernst Bloch poteva scrivere (in Spirito dell’utopia) che Gesù più che a un eroe tragico somigliava a un clown. Qui si dovrebbe aprire il discorso su Kafka e lo spirito dell’avanguardia artistica dei primi del Novecento. Le minuziose descrizioni delle camerette soffocanti in cui si svolge il racconto ricordano terribilmente le raccolte di ready made, i ritagli di giornale, i mozziconi di sigaretta che compaiono nelle opere dadaiste degli stessi anni. Dobbiamo dare a questi ammassi di resti di cose un senso simbolico «alto», magari perché in Kafka gioca l’eredità della tradizione ebraica e comunque il senso di colpa della società europea uscita dalla carneficina della prima guerra mondiale? Oppure: l’assurdità del mondo kafkiano è un grido di rivolta contro la soffocante organizzazione capitalistica e tecnologica della società (come pensano Lukács e i lukacsiani)? O forse, letta oggi, ispira quel riso irrefrenabile che ispirava anche all’autore e ai suoi amici?

Con questo tribunale «composto solo di donnaioli», dice K. nel dialogo del Duomo, «le donne hanno molto potere». Ma, come tutto il resto, non hanno alcun significato «trascendente», e anzi qui funzionano come simbolo di quel nulla di senso nel quale – in ciò forse la salvezza – K. dovrebbe imparare a vivere.

Traghettilines BOMPIANI 1+1 Abbonanti ad un 2024 di divertimento - Mirabilandia Pittarello - Saldi fino al -70% Frigo vuoto e voglia di vino? Te lo consegniamo in 30 minuti alla temperatura perfetta! Duowatt - Banner generici con logo Tekworld.it Bus Terravision Aeroporto Milano Malpensa Plus Hostels Transavia 2021 Radical Storage Bus notturno Fiumicino Aruba Fibra veloce Hosting Aruba - Scopri di più