Ecologia e sviluppo dei diritti umani

Emarginazione – La via albanese per integrare i Rom

L’esempio di un sacerdote e l’iniziativa di un italiano che ha coinvolto nell’attività di recupero di materiale ferroso un migliaio di famiglie Rom come suoi fornitori di rottami. Ora si sono assicurato un discreto reddito che, in circa dieci anni di attività, ha consentito loro di attrezzarsi con mezzi motorizzati leggeri, furgoni e apparecchiature per la pressatura di materiali selezionati

In Albania, fino all’ultimo evento bellico mondiale,vigeva la pena di morte. Il problema più grosso per le autorità giudiziarie era quello di trovare l’esecutore materiale di tali sentenze, perché, tra la popolazione albanese vigeva l’uso di vendicare la morte di un parente con l’uccisione di colui che l’aveva provocata.
I governanti dell’epoca trovarono la soluzione: l’incarico di boia veniva assegnato ad uno Zingaro che, essendo considerato un sub-umano, non era ritenuto passibile di tale ritorsione. Per questi stessi motivi, gli Ottomani usavano in guerra i soldati Rom per compiti quali la tortura di prigionieri o la rappresaglia su popolazioni civili.
Da allora fino alla caduta del comunismo (periodo in cui la dittatura di Oxa aveva fatto sforzi immani per integrarli: assegnandogli case popolari nelle palazzine abitate da comuni albanesi, imponendo l’obbligo scolastico, ecc.) in pratica non è avvenuto un sol passo ai fini di un minimo di integrazione; la popolazione albanese tratta gli zingari con disprezzo.
Nel mio recente anno trascorso in Albania ho avuto la possibilità di osservare questo fenomeno un po’ più da vicino e conoscendo anche Gurali, il capo indiscusso dei Rom albanesi che è fortemente impegnato per la piena conquista dei diritti civili del suo popolo.
Mi sono sempre dichiarato laico ed un po’ anticlericale, ma nel corso della mia vita professionale dedicata alla cooperazione allo sviluppo ho avuto l’occasione di incontrare Missionari durante lo svolgimento delle loro attività umanitarie.
Una particolare attenzione mi è stata suscitata da Don Antonio Sintonico dei Giuseppini del Murialdo che, in questi ultimi anni ha dedicato la maggior parte della sua attività missionaria nei confronti dei bambini Rom della città di Fier, dove c’è una loro presenza consistente.
Il lavoro, del gruppo ivi operante, consiste nel «catturare» i piccoli dagli angoli delle strade, dove chiedono l’elemosina, e condurli presso il loro Istituto, dove i più vocati allo studio vengono trattenuti a frequentare la scuola primaria a tempo pieno (compreso il pranzo); per i meno ricettivi e svogliati è riservato un particolare trattamento: a prima mattina sono ospitati presso artigiani locali dove possono apprendere un mestiere, dalle 12,30 in poi vanno volontariamente all’Istituto dove sono ospitati a pranzo; immediatamente dopo sono trasferiti in cortile dove sfogano la loro esuberanza in vari giochi sotto la guida dei Giuseppini ed alle 15 entrano in aula dove vengono alfabetizzati a livelli minimi (spesso molti di questi proseguono).

Un italiano intraprendente

Per capire il valore di questi interventi bisogna aver osservato da vicino il livello di emarginazione e di abbrutimento in cui vivono queste etnie, con un minimo di distacco ideologico; in pratica si può prendere atto che, man mano che le condizioni di vita degli albanesi migliorano, aumenta l’intolleranza tra le due etnie. Il solco si approfondisce inesorabilmente.
Pochi giorni fa sul traghetto Bari – Durazzo ho avuto la ventura di conoscere un interessante personaggio di Solofra (Avellino), il signor Gaeta che mi ha informato di essere il titolare di una fonderia che recupera materiali metallici selezionati da Residui Solidi Urbani. Mi ha fatto, con piacere, scoprire che nell’attività di recupero sono impegnate un migliaio di famiglie Rom come suoi fornitori di rottami; gli consegnano materiali di vario genere (dalle lattine alle ferraglie varie) assicurandosi un discreto reddito che, in circa dieci anni di attività, ha consentito loro di attrezzarsi con mezzi motorizzati leggeri (tricicli), furgoni e apparecchiature per la pressatura di materiali selezionati.
Il signor Gaeta mi ha inoltre raccontato che, in un incontro a Tirana con diverse ONG europee dove si discuteva sulla possibilità di promuovere la raccolta differenziata dei residui solidi urbani, ha suggerito di partire dall’esperienza dei Rom, veri leader in questo settore in Albania.

In effetti, venute meno le vecchie attività dei nomadi europei: l’artigianato del rame, le attività di commercio ormai estinte (cavalli ecc.), il mondo occidentale che li ospita dovrebbe essere il promotore di un processo di riqualificazione che non c’è mai stato.
Fermo restando l’obiettivo della loro sedentarizzazione, con tutte le implicanze favorevoli all’innalzamento socio culturale connesso alla scolarizzazione, sarebbe opportuno incanalarli, in modo umano e decente in un settore che, se eseguito con norme igieniche controllate e con professionalità, nulla avrebbe da invidiare ad altri settori produttivi assicurando una certa fonte di reddito.
Il costo non dovrebbe essere elevato, si tratterebbe di aiutarli finanziariamente nell’acquisto delle attrezzature necessarie (automezzi, presse, ecc.), nella messa a disposizione di siti recintati adatti all’ammasso ed alla prima lavorazione dei materiali trattati, di costruire nei pressi piccole abitazioni per la guardiania ed un minimo di servizi civili(acqua corrente, luce, ecc.). Il discorso va certamente approfondito ed affinato, non si può presumere di farlo finire qui. Quindi da ritenere come lancio di una semplice idea degna di sviluppo.
Una unica speranza ci rimane: che il modello albanese si evolva e che possa essere esportato nelle nostre realtà, dove la situazione va di giorno in giorno deteriorandosi.

(Achille Sigliuzzo, Agronomo) – fonte: vglobale.it

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