La convivialità negata
Il «pacchetto sicurezza» è un prevvedimento preoccupante perché è la trasformazione in norme di una deriva securitaria che investe la politica da diversi anni. Ma è anche un provvedimento pericoloso perché dimostra l’incapacità di pensare politiche lungimiranti e la volontà di non mettere in discussione le cause che rendono le nostre città ricche di disagio e di precarietà. È un provvedimento, infine, dannoso perché promuove ufficialmente la guerra tra poveri e la loro criminalizzazione, perché cavalca la sfiducia e l’insicurezza di un alto numero di persone e non permette alcun tipo di convivenza con chi è già in situazioni di marginalità.
Repressione, ordine pubblico, decoro sono parte di un alfabeto miope, quando invece è sempre più evidente che le nostre città-mercato, le nostre periferie, hanno bisogno di una cultura della prossimità diffusa, di una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione sociale. Tonino Bello, parlava di «convivialità delle differenze».
Riconoscere nuovi poteri a sindaci e prefetti significa che chi ha responsabilità di governo da oggi non è più innanzitutto il garante dei diritti di tutti, in particolare dei più deboli, non è più il garante di una cittadinanza diffusa e il responsabile di un welfare davvero locale. Occorre prenderne atto. Ma qualche domanda andrà pure fatta. Ad esempio, perché tante organizzazioni sociali del cosiddetto terzo settore non si indignano contro un simile provvedimento? Forse qualcuno è interessato a nuove fette di mercato da salvaguardare? E perché, lo dico da prete, anche i vescovi non prendono posizione contro un provvedimento che rende gli oppressi sempre più oppressi e gli oppressori sempre più violenti?