Nordcorea. Muore il "Caro leader", preoccupa la transizione

E’ morto all’età di 69 anni Kim Jong-il, il “Caro Leader” della Corea del Nord, una delle più elusive personalità della scena internazionale che ha governato per diciassette anni il Paese più isolato al mondo. Ne ha dato notizia l’agenzia di stampa ufficiale ‘Kcna’, secondo cui Kim “è stato colpito da un grave infarto miocardico unito a un ictus” alle 8,30 del mattino di sabato ora locale, quando in Italia era passata da mezz’ora la mezzanotte del venerdì. Un’autopsia eseguita ieri ha confermato le cause del decesso, avvenuto mentre Kim si trovava in treno per una delle sue misteriose visite in giro per lo Stato asiatico. Il leader nord-coreano era stato colto già nell’agosto 2008 da un attacco cardiaco, che lo aveva lasciato con serie difficoltà di movimento nel braccio e nella gamba sinistri.
Dopo aver costruito per anni l’immagine del “caro leader”, che ha ridotto il paese in uno stato di povertà senza precedenti, ma ha continuato a riempire gli arsenali, la macchina della propaganda si prepara alla seconda successione dinastica, dopo quella che nel 1994 portò Kim alla guida del paese dopo la morte di suo padre, il “Leader eterno” e fondatore della Corea del Nord, Kim Il-Sung. Fama di playboy che aveva rinunciato alla bella vita, Kim alla fine degli anni novanta si trovò a combattere una carestia che uccise centinaia di migliaia di persone e che ancora oggi ha i suoi strascichi, con gravi carenze alimentari soprattutto per i bambini. Nonostante ciò, la Corea del Nord ha sempre trovato i fondi per andare avanti con i suoi programmi nucleari, culminati nei test dell’ottobre del 2006 e del maggio del 2009. Si ritiene che nel paese ci siano riserve di plutonio sufficienti alla realizzazione di sei-otto ordigni nucleari.
Gli succederà il terzogenito Kim Jong-un, dall’anno scorso promosso generale e asceso ai vertici del Partito Comunista, pur di fatto non essendo praticamente mai comparso nella vita pubblica. Sarà lui a presiedere la commissione incaricata di allestire i solenni funerali di Stato, che si terranno il 28 dicembre prossimo a Pyongyang e ai quali, ha puntualizzato la stessa ‘Kcna’, non sarà invitata alcuna delegazione straniera, in armonia con le rigidissime consuetudini del regime.
Poco prima dell’annuncio della morte di Kim Jong-Il, la Corea del Nord aveva effettuato lanciato un missile a corte raggio dalla costa orientale. Il test era forse un’esibizione di muscoli, per dimostrare agli avversari che Pyongyang non esce indebolita dal trapasso dei poteri.
Dove andrà la Corea del Nord sotto Kim Jong-Un? Se lo chiedono in molti, dai vicini alleati Cina e Russia, che hanno inviato le loro condoglianze annunciando di voler intensificare i rapporti di collaborazione con il paese, alle potenze occidentali come Gran Bretagna, Francia e Germania che hanno dato voce alle speranze di un cambiamento di rotta del regime, alle tensioni in Giappone con la convocazione urgente dei vertici politici e il crollo delle Borse, fino alle paure della Corea del Sud, che ha messo le sua strutture militari in allarme rosso, ha invitato il popolo alla calma e ha fatto appello all’aiuto del suo più stretto alleato, gli Stati Uniti.
Per quanto il terzogenito di Kim Jon-il sia stato ufficialmente designato “grande successore” del padre, sia la Cina sia gli Stati Uniti non nascondo i loro dubbi sul processo di transizione in atto e sulle effettive capacità di Kim Jon Un. Per Pechino il pericolo più immediato è una situazione di potenziale caos (e proprio per questo la Cina aveva auspicato una “transizione dolce”) mentre analisti americano non celano di avere più di un dubbio sulle reali intenzioni dei militari della Nordcorea.

Secondo gli analisti la morte di Kim Jon Il, che ha effettuato ancora di recente diversi viaggi in Cina, potrebbe rivelarsi un evento particolarmente delicato per la Cina che resta il principale partner commerciale (oltre che alleato politico) del paese. Una dichiarazione del portavoce del ministro degli esteri cinese parla del “grande choc” determinato dalla notizia della “Morte del compagno capo della Repubblica popolare democratica di Corea”.
Pechino non ha mai nascosto l’auspicio di poter assistere una transizione dolce tra Kim Jon Il e suo figlio Kim Jon Un. Se l’organizzazione della successione non funzionasse bene si potrebbe creare una situazione di caos, situazione che Pechino vuole assolutamente evitare anche perché in tale eventualità dovrebbe tra l’altro far fronte a un massiccio arrivo di rifugiati.
Dubbi sulla transizione sono avanzati anche da diversi analisti americani. Il New York Times, oggi commentando la morte di Kim Jon Il, avanzava dubbi sulle reali intenzioni dei militari nordcoreani. Al momento, riferisce il quotidiano, non è chiaro se le forze armate locali vorranno seguire le indicazioni date a “tutti i membri del partito (dei lavoratori, ndr), i militari e la società civile” di “seguire fedelmente l’autorità del compagno Kim Jong-Un e proteggere e rafforzare il fronte unico del partito, dell’esercito e del pubblico”.
Alcuni importanti esponenti dell’amministrazione statunitense ritengono che Kim Jong-Un non sia ancora pronto per guidare il paese e necessiti di almeno un anno di rodaggio per consolidare la sua posizione e superare le diffidenze dei vertici militari di Pyongyang.
Per questa ragione circolano indiscrezioni non confermate su una possibile “reggenza”, segnala il quotidiano statunitense. Non è chiaro, però, se Kim Jong-Il, prima della sua morte, sia riuscito a rinsaldare la posizione del figlio in un momento di ulteriore, crescente, isolamento di Pyongyang a seguito delle sanzioni internazionali imposte al paese per lo sviluppo del suo programma nucleare.
di Ida Rotano – paneacqua.eu

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