Asti. L’imam ospite dei Giuseppini

«Indovina chi viene a cena?» devono essersi domandati nell’aprile scorso gli ospiti della casa di riposto ‘Monsignor Marello’, ad Asti, quando per la prima volta hanno visto sedersi alla loro tavola l’imam Abdessamad Latfaoui. Originario di Casablanca, 49 anni, l’imam vive infatti da circa un anno nell’istituto gestito dalla congregazione degli Oblati di San Giuseppe. La sera torna a dormire là, dopo aver curato i 4.500 fedeli musulmani (questa l’ultima stima della questura di tre anni fa), fra i tre luoghi di culto astigiani, l’ospedale, il carcere di Quarto, le comunità di rifugiati e richiedenti asilo e le tante famiglie in difficoltà, come quelle dei Khorakhané, i rom musulmani provenienti da Macedonia, Bosnia, Kosovo e Montenegro. L’occasione di contatto con i Giuseppini è arrivata proprio durante il servizio dell’imam come responsabile religioso dei profughi di Villa Quaglina, un centro di accoglienza alle porte di Asti in cui, fra le altre cose, si sta realizzando un progetto etico e sociale di integrazione e valorizzazione di eccellenze agroalimentari locali. «L’imam è un ospite molto gradito nella nostra struttura» commenta padre Luigi Roasio, economo provinciale dei Giuseppini che ha curato l’accoglienza dell’ospite. E lo stesso Latfaoui non nasconde la propria gratitudine: «È il mio mondo, sono emozionato a parlare dell’ospitalità che mi riservano: sono eccezionali e sono un esempio, un modello di ispirazione ». «Quando l’imam di Asti ha avuto bisogno di una casa, gli Oblati di San Giuseppe sono stati felici di accoglierlo nella struttura della Casa di riposo» spiega il vescovo di Asti, Francesco Ravinale.

«Una situazione che in realtà non ha risvolti religiosi – precisa Ravinale – ma di cui sono molto felice perché Abdessamad Latfaoui è un uomo di sconcertante bontà, con cui ho rapporti ottimi e che mi invita sempre in occasione di convocazioni importanti della sua comunità di fedeli. Una volta mi ha accolto leggendomi il Vangelo dell’Annunciazione di san Luca». «Personalmente non ho meriti per questa situazione – dice ancora il vescovo –, ma mi piace pensare che questi siano normali rapporti fra credenti che si rispettano vicendevolmente, anche in osservanza della propria confessione. Mi sembra naturale che si possa voler bene al prossimo senza tradire il proprio credo: nel mio caso so che con i cattolici si condivide un cammino, una strada comune, con chi non è cattolico si procede verso l’integrazione». L’integrazione ha molte facce e ad Asti si realizza con esempi come questo, o con l’incontro tra cattolici e musulmani nella Cattedrale in occasione della Solennità dell’Assunzione l’anno passato, o ancora con la tavola rotonda organizzata nel locale polo universitario in occasione della Giornata del malato dal titolo «Cultura e malattia: quando la sofferenza umana favorisce l’incontro»: un momento di incontro di confessioni religiose diverse e filosofie agnostiche al quale l’imam ha preso parte accanto a un sacerdote cattolico, uno ortodosso, un rappresentante della Chiesa evangelica e un filosofo. «Mai stancarsi di camminare, sempre insieme e contro il male e il buio» ricorda sempre l’imam islamico.

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