Australia, paradiso degli orchi. Dal 1950 il 7% dei preti accusati di pedofilia

Chiusa dopo quattro anni la più approfondita indagine sulle molestie su minori, la Commissione federale detta i numeri: sotto accusa 384 preti cattolici diocesani, 188 sacerdoti religiosi, 597 fratelli e 96 sorelle, 543 laici della chiesa e altri 72 dallo status religioso incerto. E lamenta come la Santa Sede abbia negato la documentazione relativa ai singoli casi

SYDNEY – Il Paradiso in terra degli orchi. Questo è stata l’Australia per i pedofili, dal 1950 ad oggi. Una minaccia costante, mimetizzata sotto le sacre vesti di un sacerdote, la benevola carezza di un benefattore, la simpatica tenuta di un capo scout, la rassicurante divisa di un agente di polizia. Ma sono i numeri della corruzione nella Chiesa e le coperture di cui hanno goduto per decenni gli orchi in abito talare a sconvolgere. Le spaventose statistiche rese pubbliche dalla Royal Commission incaricata di indagare su simili misfatti e sulle risposte delle istituzioni.

Dopo un lavoro immane, partito nel 2013 e andato avanti per quattro anni, udienza dopo udienza, reso ancor più difficile dalla reticenza della Chiesa, i numeri della commissione federale ora sono lì. Dal 1950 ad oggi, il 7 percento dei preti cattolici d’Australia è stato accusato di aver commesso abusi su minori. Età media delle vittime: 10 anni e mezzo per le bambine, poco più di 11 anni e mezzo per i maschietti. Abusi rimasti per decenni blindati nel silenzio. Poi, fra il 1980 e il 2015, le denunce: complessivamente 4.444 atti d’accusa contro le violenze sessuali su minori commesse da preti o religiosi di 93 entità della Chiesa cattolica australiana.

Numeri che fanno piangere di vergogna e dolore l’arcivescovo di Sidney, monsignor Anthony Fisher, proprio il successore di quel cardinale George Pell, oggi prefetto della Segreteria per l’economia vaticana, accusato non solo di aver contribuito a insabbiare le indagini riguardanti abusi commessi tra 1996 e 2001 da religiosi della diocesi di Melbourne, di cui Pell era all’epoca arcivescovo, ma indagato, e interrogato in Vaticano, anche per due episodi che lo riguardano in prima persona, risalenti alla fine degli anni Settanta.

“Quello che è stato rivelato è straziante” ammette monsignor Fisher, “mi sento personalmente scosso e umiliato, come lo sono stato da altre rivelazioni importanti della Commissione Reale. La Chiesa è dispiaciuta e io sono dispiaciuto per gli errori del passato che hanno lasciato tanti così danneggiati. So che molti dei nostri sacerdoti, religiosi e fedeli laici sentono la stessa cosa: come cattolici dobbiamo piegare la testa per la vergogna”. Un anno fa, in collegamento con le udienze della Royal Commission, lo stesso cardinale Pell aveva fatto una prima ammissione: “Non si può difendere l’indifendibile. In Australia la Chiesa ha commesso errori enormi”.

Ecco, dunque, quanto finalmente rivelato dall’avvocato Gail Furness, che assiste la Commissione federale, chiudendo la più approfondita inchiesta sulla pedofilia nella storia d’Australia, che ha indagato su chiese, enti di beneficenza, governi locali, scuole, organizzazioni comunitarie, gruppi di boy scout, club sportivi, polizia. Entrando nel dettaglio dell’inchiesta, si scopre come fino al 15% dei sacerdoti in alcune diocesi siano stati accusati di abusi fra il 1950 e il 2015. Fra gli ordini religiosi, il peggiore è stato l’ordine di San Giovanni di Dio, dove si ritiene si sia macchiato di abusi uno sconcertante 40%. Una proporzione arrivata al 32% dei Fratelli Cristiani e 20% dei Fratelli Maristi, entrambi ordini che gestiscono scuole. Altri numeri li commenta monsignor Fisher: “Per mia vergogna e tristezza, sembrerebbe che in tutta l’Australia ben 384 preti cattolici diocesani, 188 sacerdoti religiosi, 597 fratelli religiosi e 96 sorelle religiose hanno avuto accuse di abusi sessuali su minori fatte contro di loro sin dal 1950. Accuse sono state fatte anche contro 543 laici lavoratori della chiesa e altri 72 il cui status religioso è sconosciuto”.

Dopo i numeri, la pesante accusa di Furness alla Santa Sede: “La Commissione sperava di acquisire una conoscenza dell’azione intrapresa in ciascun caso, ma la Santa sede ha risposto che ‘non era possibile né appropriato fornire le informazioni richieste'”. Conoscere l’azione intrapresa, perché lo scopo di tanto lavoro investigativo è soprattutto capire come sia stato possibile commettere abusi su così vasta scala e perché essi siano stati coperti così a lungo. Le risposte delle diocesi cattoliche e degli ordini religiosi in tutto il Paese, rileva Furness, sono state “tristemente simili. Le vittime sono state ignorate o peggio, punite. Le denunce non sono state investigate. Preti e religiosi sono stati trasferiti e in parrocchie o comunità dove nulla si sapeva del loro passato. I documenti non sono stati conservati o sono stati distrutti. Hanno prevalso la segretezza e gli insabbiamenti”.

L’ente formato dalla Chiesa cattolica per coordinare la risposta della Chiesa alla crisi, il Consiglio per la Verità, la Giustizia e la Guarigione, ha ammesso che i dati “senza dubbio minano l’immagine e la credibilità del sacerdozio”. “I numeri sono scioccanti, sono tragici e indifendibili”, ha detto trattenendo le lacrime il Ceo del consiglio stesso, Francis Sullivan, che ha parlato di “un massiccio fallimento” della Chiesa e di una corruzione del Vangelo. “Come cattolici , chiniamo il capo per la vergogna”. Sullivan ha quindi descritto i programmi di cambiamento adottati dalla Chiesa, tra cui la creazione di un ente di controllo degli standard professionali di preti e vescovi, una revisione delle passate denunce di abusi e uno schema nazionale di riparazione.

Monsignor Fisher preferisce guardare con estremo realismo al “periodo traumatico” che attende la Chiesa e soprattutto le sue vittime, promettendo di fare “tutto il possibile” per aiutarle. “Sono convinto che alla fine dell’umiliazione e della purificazione attraverso le quali stiamo passando ci sarà una Chiesa più umile, più consapevole e più compassionevole”. Ma l’arcivescovo di Sidney volge lo sguardo all’oggi e al domani, perché la Chiesa d’Australia non sia più il paradiso degli orchi. “Incoraggio fortemente chiunque abbia da fare accuse di abusi sessuali di contattare la polizia”.
repubblica.it

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