La Corte dei conti punta il dito sull’8 per mille attribuito alla Chiesa, rilevando molte criticità del sistema, a cominciare dall’attività dei Caf di area cattolica

ROMA – La Corte dei conti punta il dito sull’8 per mille attribuito alla Chiesa, rilevando molte criticità del sistema, a cominciare dall’attività dei Caf di area cattolica accusati esplicitamente di favorire la Cei. In base ai dati del Dipartimento delle Entrate l’8 per mille vale oltre un miliardo e 250 milioni di euro ogni anno, di cui oltre 1 miliardo di euro nel 2016 sono andati alla chiesa cattolica, 187 milioni allo Stato, 37 milioni alla chiesa valdese, il misero resto ad altre nove confessioni religiose.

I controlli effettuati dalla magistratura contabile hanno permesso di accertare che persistono «rilevanti anomalie sul comportamento di alcuni intermediari», sulle quali proseguono le attività di controllo dell’Agenzia delle entrate, e «perdura lo scarso interesse per la quota di propria competenza da parte dello Stato, nonostante fra le finalità finanziabili con la stessa sia stata aggiunta la ristrutturazione degli edifici scolastici». Inoltre «si conferma l’assenza di controlli sulla gestione delle risorse».

AGENZIA ENTRATE – Quello che più sorprende è il comportamento dei centri di assistenza fiscale. In passato, infatti, fa sapere la Corte, non vi sono stati né controlli sulla correttezza delle attribuzioni effettuate dai contribuenti, né un monitoraggio approfondito sull’agire degli intermediari cui è demandato il compito della trasmissione delle volontà all’Agenzia delle entrate. E peraltro la stessa Agenzia ha segnalato che le scelte indicate nel modello 730 sono modificabili dall’intermediario nella successiva fase di trasmissione e, pertanto, potrebbero non coincidere con quelle effettivamente trasmesse. Ciò «evidenzia che il contribuente non può esercitare un effettivo controllo sulla corrispondenza delle opzioni esercitate nel modello 730 con quelle successivamente trasmesse all’Agenzia».

CONTROLLI – Dalle indagini svolte a campione dall’Agenzia, a partire dal 2014, sono così emerse diverse anomalie. In particolare sono state esaminate 4.968 schede per la scelta dell’8 per mille, di queste, il 49% recano una scelta a favore della Chiesa cattolica, l’11% non recano alcuna scelta e il restante 40% indicano scelte a favore di altri beneficiari. La campagna dei controlli è partita nel 2014 con i Caf di Acli e del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), a cui sono stati fatti molti addebiti, ed è poi proseguita nel 2015 coi Caf Coldiretti, Cisal, Cisl, Unsic, Centrimpresa, Fenapi, con Caf Italia e Caf Europeo destinatari di 148 interventi di controllo su 13.897 dichiarazioni: 93 si sono conclusi senza constatazione di alcuna irregolarità mentre in 55 casi sono state riscontrate varie tipologie di irregolarità. Non si conoscono invece ancora i dati relativi ai 92 interventi disposti nel 2016 che hanno interessato i Caf della Cgil e della Uil oltre a Caf Labor, Confartigianato e Confagricoltura.

Ma è bene che i contribuenti a questo punto si attivino, non si fidino ciecamente dell’azione dei loro intermediari e controllino quale sia la destinazione finale delle loro dichiarazioni. Se no corrono il rischio d’impinguare la casse della Cei, anche se magari sono in completo disaccordo con le molteplici esternazioni di Mons. Galantino.
firenzepost.it

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