Don Daniele Gianotti a Crema: tutto come da programma. Anche a Milano

Resa nota in queste ore la nomina di don Daniele Gianotti a vescovo di Crema. Una scelta in “stile Francesco”, che dice qualcosa anche sul futuro successore di Scola a Milano.

È giunta oggi la nomina di don Daniele Gianotti a vescovo di Crema. A darne notizia la Sala Stampa della Santa Sede. Don Gianotti succede così a mons. Oscar Cantoni, nell’ottobre scorso nominato da Francesco vescovo di Como. Quella di don Daniele Gianotti è una nomina importante, che a pochi mesi dalla visita di papa Francesco a Milano, prevista per il prossimo 25 marzo, conferma lo “stile Francesco” che avevo già anticipato da queste pagine e dà qualche indizio in più anche sulla Milano del dopo-Scola.

Dall’Emilia alla Lombardia
Don Gianotti è originario di Calerno, frazione del comune di Sant’Ilario d’Enza, in provincia di Reggio Emilia. Salvo una parentesi romana per gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana e patristici all’Istituto “Augustinianum”, gran parte della vita di don Gianotti si è finora svolta nell’area di Reggio Emilia. Appartenente al clero della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e senza legami particolari con la Chiesa di Milano, don Daniele Gianotti non è un “milanese”. Il che conferma il superamento, con Francesco, della prassi di nominare clero milanese alla guida delle diocesi suffraganee dell’arcidiocesi di Milano appartenenti alla regione ecclesiastica Lombardia. Anche per la successione al card. Angelo Scola ci si deve aspettare qualcosa di simile? In realtà alcuni nomi forti lascerebbero intendere il contrario e quello geografico è stato finora il tratto meno indicativo dello “stile Francesco”.

Parroco
Di maggior peso gli incarichi precedenti la nomina episcopale. Da Matteo Zuppi a Bologna a Corrado Lorefice a Palermo, ciò che conta per Francesco è il lavoro sul campo, fra la gente. Anche con don Daniele Gianotti, finora parroco dell’unità pastorale di Bagnolo in Piano (Re).

Ma teologo e docente
Così è stato per Antonio Napolioni, sacerdote dell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche e docente di teologia pastorale e catechetica, dal novembre 2015 vescovo di Cremona, e per Corrado Sanguineti, annoverato talvolta fra i “preti di strada”, dal novembre 2015 vescovo di Pavia, direttore e docente dell’Istituto di scienze religiose “Mater Ecclesiae” e presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e referente culturale a livello diocesano. Non sfugge alla regola don Daniele Gianotti: docente di teologia presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, di liturgia nell’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia e vicario episcopale per la cultura, con speciale attenzione alla musica liturgica e ai concerti nelle chiese.

Giovane è meglio
L’età media dei vescovi scelti da Francesco si aggira attorno ai 50 anni. Il più giovane d’Italia è mons. Andrea Migliavacca, dal 5 ottobre 2015 vescovo di San Miniato, classe 1967. Anche in questo caso la preferenza di Francesco per le giovani leve è confermata: don Daniele Gianotti, nato il 14 settembre 1957, è solo pochi anni sopra la media.

Dialogo interreligioso e teologia della liberazione
Non è un tratto ricorrente nelle nomine di Francesco, ma appartiene a don Daniele Gianotti e merita un accenno. Animatore della formazione dei laici nella missione diocesana di Kibungo (Ruanda), don Gianotti è particolarmente legato all’Africa e attivo nel campo dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Non manca, poi, un apprezzamento alla teologia della liberazione, della quale negli anni scorsi molto si è vociferato a proposito di Francesco. Salutando nel 2013 dal suo blog personale il disgelo fra Vaticano e alcuni esponenti della celebre corrente di pensiero latinoamericana, don Gianotti esprimeva la sua soddisfazione per la «”pace” fatta (e duratura, speriamo, dato che giunge anche un po’ tardiva…) tra la Santa Sede e la teologia della liberazione, “da annoverare… tra le correnti più significative della teologia cattolica del XX secolo”: chi esprime questo giudizio è l’arcivescovo G. L. Müller, attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, e da tempo estimatore e amico del “padre” della teologia della liberazione, il teologo (dei domenicani) peruviano Gustavo Gutierrez».

«Non è la prima volta, naturalmente – proseguiva allora don Gianotti – che una linea teologica deve aspettare decenni, e passare attraverso critiche e condanne, perché poi ne sia riconosciuto il valore (era successo anche ai teologi del “ritorno alle fonti” degli anni ’30 e ’40: Chenu, Congar, de Lubac, Bouillard ecc., molti dei quali furono poi tra i teologi del Vaticano II): ma quando succede, è il caso di rallegrarsene».

Per Milano non resta che mettere insieme i pezzi del puzzle.

caffestoria.it

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