Dall’infallibilità papale all’indecisione pontificia

Una volta Sergio Zavoli disse: “Non è che se uno vuole fare il giornalista automaticamente ha anche le qualità per farlo. Una cosa è il desiderio, altra cosa sono le doti che ha e che può affinare, ma non certo creare dal nulla”. Così, parafrasando la frase del grande maestro di giornalismo, se uno non possiede la bussola per orientarsi nell’affascinante, ma tutt’altro che semplice, mondo ecclesiale dovrebbe astenersi dal coprirsi di ridicolo. Scrivere un pezzo di fanta Vaticano, fanta perché del tutto frutto della fantasia del suo autore come la celebre storia di ET portata sul grande schermo da Steven Spielberg, e offrirlo ai lettori come un possibile scenario è certamente una pessima pagina di giornalismo di cui sinceramente nessuno sentiva l’esigenza. Eppure Claudio Tito su Repubblica si è affannato, in modo ingenuo per non dire goffo, a descrivere uno scenario che purtroppo ignora profetizzando successioni importanti all’interno della Chiesa italiana: il presidente della Cei, il nuovo arcivescovo di Milano e il prossimo cardinale vicario, sempre che Bergoglio e non Tito, decida di confermare ancora l’esistenza di questo ruolo.

Rose sterminate di nomi molti dei quali improponibili per le cariche alle quali vengono candidati dall’autore dell’articolo. Su tutti forse il passaggio che fa più sorridere è quello che riguarda la successione al cardinale Angelo Bagnasco. “Sta crescendo però – scrive il ben informato Tito – anche la candidatura di Nunzio Galantino, attuale segretario generale della Conferenza e stretto collaboratore di Francesco. In alternativa (ma l’ipotesi sta già provocando qualche malumore) potrebbe essere presa in considerazione una presidenza ‘debole’ come quella del vescovo di Modena, Erio Castellucci, che garantirebbe la coabitazione con Galantino”. Con tutto il rispetto per il presule modenese che non si comprende in virtù di cosa sarebbe un presidente “debole” della Cei, e nemmeno come potrebbe essere una guida “forte” per la Chiesa italiana se non mangiando una manciata di spinaci in perfetto stile Braccio di ferro, Tito ignora che Galantino non è attualmente eleggibile per subentrare a Bagnasco. E come mai? Semplice: nello statuto riformato della Cei che prevede l’elezione di una terna all’interno della quale, per la prima volta, il Papa sceglierà il nuovo presidente, è previsto che non possano essere votati, oltre al segretario della Chiesa italiana, ovvero proprio Galantino, anche i vescovi ausiliari e il vicario del Papa, ovvero il cardinale Agostino Vallini.

Per Milano Tito osa ancora di più e propone una nutrita lista: “Pierbattista Pizzaballa (amministratore apostolico del patriarcato di Gerusalemme), Francesco Beschi (vescovo di Bergamo) e Mario Delpini (ausiliare del capoluogo lombardo)”. Per non sbagliare avrebbe potuto direttamente allegare all’articolo l’annuario completo della Chiesa italiana e sicuramente avrebbe centrato il nome del prossimo successore di Ambrogio e Carlo. Per Roma la rosa si stringe a due soli nomi e tre possibilità: “Giovanni Angelo Becciu (sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato), Domenico Pompili (vescovo di Rieti) o un outsider”. Ma l’autore dell’articolo precisa che “non è esclusa una soluzione di mediazione ‘alta e inedita’ come fu Carlo Maria Martini nominato da Giovanni Paolo II arcivescovo di Milano”. Ora è a tutti ben nota la notevole altezza fisica, morale e spirituale del cardinale Martini per cui il Papa dovrebbe scegliere il suo terzo successore, dopo Dionigi Tettamanzi e Angelo Scola, con il centimetro alla mano. Peccato che Tito ignori, solo per fare un piccolo esempio, che nel 2016 Francesco ha confermato ad quinquennium monsignor Becciu alla guida del cosiddetto “ministero dell’Interno” della Santa Sede. Sviste papali si dirà.

Un’ultima chicca ci regala Tito. “Nei giorni scorsi – scrive il giornalista – era pure circolata l’ipotesi della clamorosa sostituzione del Segretario di Stato Pietro Parolin, da mandare a Milano”. E con tutto il gelo che ha avvolto l’Italia che sia circolata anche questa ipotesi insieme al vento freddo e alla neve non si può certo escludere. “Al suo posto – precisa l’acuto e informato Tito – sarebbe pronto il cardinale Luis Antonio Tagle (o in alternativa Becciu o Fernando Filoni) del quale la tv dei vescovi italiani il 29 dicembre scorso ha trasmesso in prima serata una lunga intervista”. Ora si dirà che ci vuole coraggio a nominare il cardinale di Manila e non un nunzio come Parolin al vertice della Segreteria di Stato. Ma è solo questione di competenze e curriculum. Non bisogna guardare il pelo nell’uovo. “L’attacco a Parolin (e a Francesco) – scrive ancora Tito – parte dall’interno della curia. Ma il Papa non sembra affatto intenzionato a rinunciare al suo principale collaboratore. E forse non è un caso che Francesco abbia deciso di marginalizzare chi si accredita come suo assistente senza aiutare l’opera di ‘sintesi’. Perché il vero obiettivo del Pontefice resta il rinnovamento e l’unità interna alla Chiesa”. Insomma Francesco da un lato pensa di darla vinta ai suoi nemici privandosi del suo principale, fidato, leale e competente collaboratore. Dall’altro però preferirebbe tenerselo accanto. Dall’infallibilità papale, insomma, all’indecisione pontificia.

FarodiRoma, che a differenza dell’ottimo Claudio Tito qualche discreto contatto in Vaticano ancora lo ha, ha sentito oggi pomeriggio alcuni dei citati da Repubblica. Al di là dei diversi gradi di raffreddamento che non hanno risparmiato nemmeno gli eminentissimi ed eccellentissimi nominati dal giornalista, le risate si sprecavano. Un piccolo, se possibile, suggerimento al nostro caro collega. Se qualcuno gli ha passato queste veline cancelli il suo numero, lo blocchi su Twitter, metta in spam le sue mail. Non è un amico o un informatore fidato bensì un sabotatore che lo fa coprire soltanto di ridicolo. Se invece queste speculazioni sono solo frutto della sua bravura allora: 37 ‘o Monaco; 77 ‘e Riavule; 33 ll’anne ‘e Cristo… tombola!

farodiroma.it

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