Il femminile nella Chiesa. Donne, preti e contestazione

Un libro autobiografico racconta la storia di Mira Furlani. Una preziosa testimonianza di vita comunitaria nella Chiesa fiorentina degli anni Settanta, ma soprattutto una confessione del rapporto fra il femminile e l’autorità religiosa, rappresentata dal “prete”.

di Giuseppina Vitale

La nascita delle comunità di base, avvenuta tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, può certamente rappresentare il più esplicito segno dell’aspirazione democratica del Concilio Vaticano II. L’opera di Mira Furlani, Le donne e il prete. L’Isolotto raccontato da lei, delinea non soltanto una testimonianza di vita comunitaria nella Chiesa fiorentina degli anni Settanta, ma pure (e soprattutto) una confessione di ciò che realmente è stato il suo rapporto con il maschile nella Chiesa: il prete.

A partire dai primi anni Ottanta è avvenuto gradatamente un vero e proprio esodo femminile dalle comunità di base, concretizzatosi nel Seminario nazionale delle Comunità cristiane di base intitolato Le scomode figlie di Eva (Brescia, 23-25 aprile 1988). L’intento, sin dagli esordi, fu il desiderio di auto-realizzazione femminile espresso con particolare impeto da alcune donne che erano state protagoniste della stagione di contestazione cattolica esplosa in Italia a partire dalla fine degli anni Sessanta. Il seminario di Brescia vide le donne impegnate a rimettere in discussione paradigmi culturali nella prospettiva dell’affermazione della diversità di genere come valore portante dell’eguaglianza tra uomo e donna, nella società e nella Chiesa.

Dalla bella prefazione curata da Doranna Lupi e Carla Galetto (Comunità cristiana di Pinerolo) emerge tutta la volontà e l’impegno mostrato in tutti questi anni nell’alimentare una pratica politica di autocoscienza maschile in grado di rompere la scala gerarchica del potere assoluto del padre.

Il rapporto tra la donna (l’autrice) e il prete (don Enzo Mazzi), è sintomatico a riguardo, perché, oltretutto, “tra le donne e i preti, si sa, c’è qualcosa che attrae e qualcosa che respinge” (p. 9).

Mira Furlani fu attratta da quella “spinta interiore che allora mosse molte donne e uomini, diversi fra loro, ad abbracciarsi per la necessità di capirsi e creare una comunità (la comunità dell’Isolotto di Firenze, ndr), non solo civile, anche religiosa, partendo a mani nude” (p. 22). Ma allo stesso tempo, sperimentò un senso di “inadeguatezza e di impotenza” (p. 62) concretizzatosi, soprattutto, nel rapporto conflittuale e critico con l’autorità religiosa.

L’opera è una confessione a cuore aperto e a mente lucida. Un racconto autobiografico senza toni retorici e memorialistici, narrato da una prospettiva inedita, con gli occhi di una donna che, nonostante le delusioni, non ha mai smesso di credere nel Vangelo e di lottare per affermare la propria libertà di essere e di pensiero.

La vicenda di Mira Furlani tratta uno spaccato di storia cattolica italiana: dai primi passi della comunità dell’Isolotto, alle lotte operaie e i contrasti con la Curia fiorentina, fino al processo penale in Tribunale che vide incriminati (e assolti) una decina di imputati per istigazione a delinquere e impedimento di funzione religiosa, in seguito ai fatti che riguardarono direttamente, oltre don Mazzi, tutta la comunità dell’Isolotto. L’autrice racconta la sua esperienza, non senza criticarne alcune aspetti, di “madre per vocazione” vissuta nelle case-famiglie per bimbi orfani e abbandonati, lasciandosi, così, alle spalle il tema della democratizzazione ecclesiale e aprendo spiragli di discussione sulla maternità e sul ruolo (attivo) della donna nella Chiesa, argomenti di indiscussa attualità.

Mira Furlani, Le donne e il prete. L’Isolotto raccontato da lei, San Pietro in Cariano, Gabrielli Editori, 2016, pp. 109.

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