Pedofilia: il prete paga, ma non basta

Ieri, anniversario dell’ordinazione di don Gianni Bekiaris, non è stato un giorno di festa. Si è invece aperto il processo a suo carico. Uno strano scherzo del destino che ha portato il religioso davanti al tribunale di Frosinone, accusato di violenza sessuale su un parrocchiano all’epoca dei fatti minorenne. Lui, per la verità non c’era. Sul banco riservato alla difesa c’era solo il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Pizzutelli.

Il processo si è aperto con una serie di eccezioni sollevate proprio dalla difesa. Il legale ha chiesto un rinvio per non aver avuto a disposizione le liste testimoniali di accusa e parte civile (costituita per la parte offesa con l’avvocato Carla Corsetti). Su tale punto il tribunale (presidente Stirpe, a latere Farinella e Venarubea) ha rimesso nei termini la difesa, concedendo di integrare la propria lista testimoniale per la prossima udienza, fissata ad aprile. La difesa aveva poi chiesto l’esclusione della parte civile, sul presupposto che, a seguito della condanna del religioso davanti al tribunale canonico, tra le parti, qualche anno fa, era intervenuta una transazione. Una transazione sugli abusi sessuali, ma non sui danni, ha però protestato in aula l’avvocato Corsetti.

Quest’ultima ha sottolineato che i danni psicologici, permanenti, sofferti dalla vittima, che avrebbe anche tentato più volte il suicidio, si sono manifestati solo in una fase successiva all’accordo stragiudiziale. All’epoca tali danni, secondo il legale, non erano né conosciuti né conoscibili. E nemmeno quantificabili. La transazione, pertanto, ha argomentato la parte civile, non copre tale situazione. A quel punto, il tribunale si è ritirato in camera di consiglio, uscendo qualche minuto dopo con la decisione. Una decisione secondo la quale «la transazione non è ostativa della costituzione della parte civile e non fa venir meno l’interesse della persona offesa per danni eventualmente successivi».

Il processo è stato aggiornato alla prossima udienza quando si entrerà nel vivo con i primi testi. Le parti hanno anche incaricato dei propri consulenti che saranno chiamati a valutare gli eventuali danni lamentati dalla parte civile. L’accusa sostiene che il religioso, ai tempi in cui era parroco a Ceprano, avrebbe abusato ripetutamente del minore fin da quando questi era in tenera età. Da qui anche l’aggravante della minore età della vittima. E di aver continuato così per molti anni, sfruttando anche una situazione di soggezione che si era creata con la parte offesa. Il prete, dopo esser stato a Ceprano, nella parrocchia di San Rocco, ha ricoperto altri incarichi in altri paesi della provincia prima di andare in Campania.

L’ipotesi di accusa, basata sulla denuncia presentata dai genitori del ragazzo, è che il sacerdote abbia abusato del ragazzino, sin dall’età di otto anni, ai tempi in cui questi frequentava la parrocchia. Violenze che si sarebbero protratte nel tempo, perfino in sagrestia, anche perché – sostiene l’accusa – il minore sarebbe stato ridotto in uno stato di soggezione psichica tale da non denunciare i fatti. Per vergogna, per paura di non essere creduto o semplicemente perché da quella situazione il ragazzo non riusciva a trarsi fuori. Finché la vittima ha deciso di raccontare la sua storia.

Secondo la denuncia presentata dalla famiglia, forte anche di una consulenza tecnica, lo stato di soggezione psichica avrebbe procurato alla vittima un danno permanente, tale da configurare una lesione personale grave. L’imputato, ormai lontano da Ceprano, ha sempre negato tutte le accuse mossegli contro, affidandosi all’avvocato Pizzutelli nel tentativo di dimostrare la propria estraneità ai fatti che gli vengono addebitati dalla procura. Prossima udienza ad aprile per l’audizione dei primi testimoni.

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