Youtuber, così si buca il video

Quando sempre più spesso i vostri figli vi replicano – alle domande più disparate – di aver già trovato una risposta su YouTube, perché un ragazzo come loro, dal suo canale, ha fornito in un video tutte le spiegazioni di cui avevano bisogno, o quando, la sera, si allontanano discretamente dalla televisione per attaccarsi al cellulare e far scorrere video dei loro youtubers preferiti, vi accorgete che forse c’è qualcosa che vi sta sfuggendo e di cui dovreste occuparvi. Vi rendete conto improvvisamente che i vostri figli considerano autorevoli, degni di fiducia e anche di una singolare forma di empatia, personaggi che voi non soltanto non conoscete, ma dei quali fino a ieri nemmeno sospettavate l’esistenza, che vi risultano difficili da inquadrare, e che sfuggono alle categorie tradizionali della comunicazione: tanto è vero che l’unico modo per definirli è riferirsi al nome del sito su cui i loro video vengono ospitati.

Avete allora due possibilità: richiudere lo spiraglio che si è aperto su un mondo per voi totalmente nuovo, liquidando la questione come “ragazzata”, moda passeggera che presto si estinguerà, oppure cercare di capire come sia possibile che un manipolo di perfetti sconosciuti che guardano vostro figlio o figlia dritto negli occhi dalla finestra video dello smartphone siano ormai diventati per lui o lei compagni quasi imprescindibili delle sue giornate.
Tutto è cominciato con il video di un ragazzo di origini tedesche allo zoo di San Diego, nel 2005. YouTube nasceva così, come un servizio per facilitare lo scambio dei propri video con amici e parenti su Internet, nel più genuino spirito di quel web 2.0 cui siamo ormai abituati oggi, dove protagonisti sono gli stessi utenti. Nel giro di un anno era già chiaro che il sito non si limitava a ospitare saluti da paesi esotici, primi passi di neonati o rocambolesche gesta di – peraltro imprescindibili – gattini.

Fu Google a intravvederne le possibilità e ad acquisirlo nel 2006. Da allora la storia di YouTube è quella di una crescita impressionante che lo ha portato a essere oggi il secondo sito più visitato al mondo, dopo Google, con oltre un miliardo di utenti (secondo la classifica del servizio americano Alexa), un aumento medio di visitatori del 40% l’anno dal 2014 e – dato forse ancora più significativo – un incremento del 50 % del tempo di permanenza nel sito negli ultimi tre anni. Il 10 maggio scorso per la prima volta negli Stati Uniti, l’audience media di YouTube ha superato quella televisiva. Passiamo sempre più tempo a guardare video sul web, prevalentemente sul cellulare (una media di 40 minuti al giorno, secondo i dati forniti dalla stessa società). Con numeri del genere è naturale che su YouTube si siano affermate logiche commerciali. I personaggi con maggior seguito fanno capo a vere e proprie agenzie che ne curano l’immagine e lo sfruttamento pubblicitario. Nei video compaiono o vengono citati sempre più spesso prodotti di vario genere.

Quello che era iniziato come un hobby nella propria cameretta può diventare in alcuni casi un vero e proprio lavoro, che esce dai confini del web per approdare in televisione (due trasmissioni della scorsa stagione sono state interamente gestite da youtubers e non si contano le partecipazioni in vari programmi), in libreria, o in edicola, con riviste che si propongono di raccontare il mondo dentro la rete. E fra gli adolescenti si comincia a pensare che quello dello youtuber possa essere un vero e proprio lavoro (un libro uscito di recente in Italia spiega i segreti del mestiere: Professione youtuber di Paolo Crespi e Mark Perna, edito da Apogeo). Difficile prevedere come si evolverà il fenomeno: al momento la fama degli youtubers funziona da trampolino di lancio verso altri mondi, non è il punto di arrivo di una carriera. È certo, d’altra parte, che la commistione con la pubblicità rischi di incrinare, nel lungo periodo, il rapporto di fiducia tra uno youtuber e il suo pubblico.

Ma per il momento l’ascendente di questi personaggi sui giovanissimi è ancora molto alto. Ormai il panorama è piuttosto ricco. Si possono individuare vari generi che fanno riferimento a un pubblico e a una fascia di età molto diversi fra loro. Ci sono i “gamers”, i giocatori, che riprendono sessioni di gioco all’interno dei più svariati videogames, come Favij che è in assoluto lo youtuber più seguito in Italia. I videogiochi sono probabilmente il tema più gettonato. Ma su YouTube ci sono anche maestri per ogni genere di disciplina, dall’ukulele ai consigli per il trucco – regina indiscussa è Clio Make Up – , dalle materie di studio (con esperimenti che riuniscono vari canali come “La scuola del tubo”) all’astrofisica o alla psicologia applicata alla vita quotidiana, per citare soltanto una minima parte dei contenuti di questo tipo presenti sul web. Certo i numeri degli iscritti a questi canali sono nell’ordine delle decine di migliaia. Per saltare di uno o anche due ordini di grandezza e attestarci su cifre simili a quelle dei “gamers” dobbiamo dare un’occhiata ai canali di puro intrattenimento.

Qui regnano i “The show”, con i loro “esperimenti sociali”, una riedizione della vecchia candid camera, in cui si sottopongono ignari passanti a situazioni imbarazzanti, le clip comiche dei Pantellas o dei Nirkiop, o gli sketch di Daniele Doesn’t matter, di Greta Menchi, o ancora le divertenti riflessioni di Violetta Rocks, per citarne soltanto alcuni. Altri youtubers, come Sofia Viscardi considerano le pagine web come un videodiario in cui raccontare con un tono in prevalenza leggero, la propria storia personale. In molti casi per strappare una risata si è disposti a cedere a qualche volgarità di troppo, e a frequenti eccessi di cattivo gusto, ma capita anche di imbattersi in clip esilaranti o in riflessioni tutt’altro che stupide. Certo, le poche incursioni nei temi spirituali o religiosi sono in gran parte deludenti. Eppure sarebbe una bella sfida: provare a cercare un senso anche nei labirinti di Tomb Raider.

avvenire

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