Forze speciali italiane in Libia

Non siamo ancora al “boots on the ground”, le truppe sul terreno. Per la prima volta però l’Italia ammette di aver inviato in Libia i corpi speciali: non con compiti di combattimento ma per “formare, addestrare” e supportare le milizie impegnate nella battaglia contro l’Isis. Quanto basta per far scattare le proteste di Forza Italia, Si e M5s: il governo ha nascosto la verità al Parlamento. Palazzo Chigi intanto accelera sulla riapertura dell’ambasciata a Tripoli e nomina Giuseppe Perrone a capo della sede diplomatica. Si tratta, viene illustrato, della risposta ‘politica’ del governo all’appello lanciato dal premier libico designato, Fayez al Sarraj, per un aiuto umanitario al Paese. Per quanto riguarda le forze speciali in campo, si tratta, secondo quanto hanno confermato all’ANSA diverse fonti istituzionali, di alcune decine di uomini dei corpi d’elite: gli incursori del Comsubin, del nono reggimento Col Moschin, del 17esimo stormo incursori dell’Aeronautica Militare e del Gis dei Carabinieri. I commando sono partiti diverse settimane fa per svolgere operazioni a Tripoli, Misurata e Bengasi. Ma non a Sirte. Una conferma in questo senso è arrivata anche dal generale Mohamed el Ghasri, ufficiale delle milizie impegnate nella roccaforte di Is. “Non ci sono forze speciali italiane presenti a Sirte. Siamo però favorevoli ad ogni tipo di aiuto da parte dell’Italia”. Ad autorizzare l’utilizzo delle forze speciali è stato direttamente palazzo Chigi. La normativa approvata lo scorso novembre dal Parlamento consente infatti al premier di schierare i corpi speciali a supporto delle operazioni d’intelligence all’estero. In questo caso i militari non dipendono dalla Difesa né dalla coalizione internazionale che sostiene il governo libico ma rispondono direttamente alla catena di comando degli 007 e godono, per tutta la durata dell’operazione, delle stesse garanzie riconosciute agli appartenenti ai servizi segreti. Possono, ad esempio, opporre il segreto di Stato davanti alla richiesta di un giudice oppure compiere alcuni reati. La legge prevede inoltre che palazzo Chigi, entro 30 giorni dalla chiusura dell’operazione, comunichi al Copasir modalità e tempistica dell’utilizzo dei corpi speciali: il documento, classificato top secret, è stato inviato nei giorni scorsi al Comitato e, dunque, le operazioni svolte dai nostri commando dovrebbero risalire al mese scorso.

Le fonti ribadiscono che nessun militare italiano ha partecipato ad “azioni operative o di combattimento” e che ogni iniziativa è stata concordata con il governo di unità nazionale libico. Con ‘regole d’ingaggio’, dicono, molto chiare e precise: le forze d’elite, innanzitutto, hanno avuto il compito di aiutare le milizie di Tripoli e Misurata che appoggiano Serraj a programmare gli interventi di tipo militare, dunque a pianificare le incursioni contro i terroristi dell’Isis. L’altro fronte che ha impegnato i commando è stata la formazione delle ‘forze speciali’ delle milizie, con particolare attenzione alle tecniche di guerriglia urbana e di sminamento, e l’addestramento delle unità d’intelligence per riconoscere e recuperare informazioni nei teatri di guerra. Niente combattimenti, dunque, ma pur sempre un salto di qualità rispetto al profilo tenuto dall’Italia nei mesi scorsi. Finora il governo si era limitato ad inviare aiuti umanitari a Tripoli e Misurata, giubbotti antiproiettile e visori notturni. E, soprattutto, ad accogliere negli ospedali italiani i miliziani feriti. Serraj ha chiesto più cooperazione in questo senso, con tempi più rapidi per i trasferimenti, e l’invio di un ospedale da campo. Richieste che alla Difesa stanno valutando.

 

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