A Roma si organizza un concerto per il Giubileo della Misericordia all’interno dell’area archeologica del Foro Romano. Un altro episodio di mercificazione del patrimonio

A Roma si organizza un concerto per il Giubileo della Misericordia all’interno dell’area archeologica del Foro Romano. Un altro episodio di mercificazione del patrimonio, a pochi giorni dalla cena vip del Colosseo e la sfilata di moda dentro la Fontana di Trevi.

La sera del 26 luglio si terrà all’interno dell’area archeologica del Foro Romano l’evento “Music for Mercy”, un grandioso concerto per celebrare l’Anno Giubilare della Misericordia con la partecipazione di Andrea Bocelli e numerosi altri artisti internazionali. La colonizzazione giubilare del Foro Romano è iniziata il 21 luglio, quando alla presenza del soprintendente per il Colosseo e l’area archeologica centrale Francesco Prosperetti, e del vicepresidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi monsignor Liberio Andreatta, è stato inaugurato un nuovo ingresso all’area che sarà esclusivamente gestito e riservato ai tour di ORP, dalla parte del Carcer Tullianum (nel luogo di un accesso peraltro già esistente e in uso anni fa, poi chiuso).

Il concerto sarà trasmesso in diretta da Rai Uno, e in queste ore si è finito di montare le impalcature -pesanti, ingombranti, potenzialmente dannose- nel cuore del Foro Romano. Più esattamente, il palco si trova ai piedi della Colonna dell’imperatore Foca, ultimo monumento onorario eretto nel Foro, nell’anno del Signore 608, prima che l’oblio e l’abbandono calassero sulle memorie della città che era stata Impero. I sedili per il pubblico, con il contorno di casse e riflettori, sono stati collocati a pochissimi metri dal Tempio del Divo Giulio, inaugurato il 18 agosto del 29 d.C dal giovane Ottaviano -che volendosi figlio del dio e Augusto fece divinizzare, primo mortale romano, il padre adottivo- proprio nel luogo dove il corpo di Cesare era bruciato sulla pira sotto gli occhi del Popolo di Roma. Perché a Roma, ciò che per gli altri è storia eterna, mito shakespeariano e ideologia libertaria sono la polvere e le pietre che calpestiamo. Le impalcature sono state montate davanti quel che resta dei Rostra, strappati al nemico ad Anzio nel 338 a.C., e a pochi passi dal Lapis Niger, il luogo più sacro e terribile di Roma, il punto di contatto tra il mondo dei vivi e l’Aldilà, dove Romolo ascese al cielo. Si sono disposti sedili e impalcature sui resti di marmi venuti da tutto il mondo, specie dall’Africa e dalla Grecia. Sopra il Lacus Curtius, in cui Marco Curzio si gettò con il suo cavallo per placare gli déi, ritenendo il coraggio e l’abnegazione virtù per i Romani più importanti della stessa vita.

Questa è storia, memoria, è parte dell’identità complessa che cerchiamo disperatamente fuori e dentro di noi. Un’identità e un amore che è indispensabile trovare per conservare e tramandare un seme sempre vivo e produttivo, per rispettare noi stessi e gli altri, dialogare, vivere. “Una scelta di grande fascino, ma al tempo stesso fortemente simbolica dal punto di vista religioso, quella di far svolgere il concerto all’interno del Carcer Tullianum, indicato dalle fonti come prigione di San Pietro”. Basterebbe l’inesattezza di questa dichiarazione degli organizzatori del concerto a far vergognare chiunque abbia la minima conoscenza del sito di cui si sta parlando: il Carcere Tulliano, o Mamertino, non si trova infatti all’interno dell’area del Foro Romano, ma appena fuori; le tradizioni medievali che vogliono il Carcere luogo della prigionia di Pietro e di Paolo, poi, non hanno fondamento storico né letterario ma si sono diffuse solo in seguito nella religiosità popolare. Sono abitudini e falsi ideologici che chiudono, anziché aprire, le nostre memorie e le nostre connessioni con le dimensioni del tempo e dello spazio che a Roma si incrociano. L’uso e l’abuso di questi beni non sono quel che si chiama “far rivivere la Storia”: sono sfruttamento, umiliazione, indifferenza, compromesso.

Ma l’allarme e l’indignazione su questo episodio, l’ultimo di una serie ravvicinata di casi di mercificazione del patrimonio in queste settimane estive (la cena vip al Colosseo, la sfilata di Fendi dentro Fontana di Trevi) viene ancora una volta dalla categoria delle guide turistiche abilitate di Roma, che conta tra le sue fila molti archeologi, storici, storici dell’arte, insegnanti precari, dottori di ricerca. Una categoria di lavoratori freelance che sempre più spesso, operando sul territorio e a contatto diretto e personale con il patrimonio storico-artistico e archeologico di Roma, si sta trovando a fare la guardia a questo patrimonio, laddove lo Stato sembra avere abdicato al suo ruolo di difesa e valorizzazione dei monumenti a favore dei grandi privati. Quando il magnate di turno interviene offrendo denari per interventi di restauro o riqualificazione non sempre necessari ma di grande impatto mediatico, infatti, si deroga spesso e volentieri -per acquiescenza, per bisogno o per servilismo- al principio, che discende direttamente dalla Costituzione, per cui lo Stato protegge il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione anche perché quel patrimonio, individuato come tale, è cosa pubblica, fruire liberamente la quale è uno dei modi attraverso cui si dovrebbe favorire l’educazione, il pieno sviluppo e la partecipazione egualitaria del cittadino alla società. In questo caso, l’accordo non è con Della Valle o Fendi, ma con Opera Romana Pellegrinaggi, in virtù, si dice, di un restauro della zona di accesso al Foro e, si presume, di una non meglio specificata relazione tra l’indotto turistico del Giubileo e il Comune di Roma.

Occorre inoltre segnalare alcuni punti salienti dell’evento in corso al Foro Romano. Il danno potenziale alla pavimentazione dell’area del Foro dove si è collocata la messa in scena dell’evento -area normalmente non calpestabile per motivi di conservazione e in passato oggetto di studi necessari alla ricostruzione dell’aspetto del Foro in epoche antecedenti alla fase imperiale che oggi vediamo- sarà verificabile soltanto dopo lo smantellamento delle strutture, nonostante le strutture in questione siano state definite in un comunicato stampa dell’organizzazione “sostenibili” (senza, però, che siano state fornite specifiche tecniche apprezzabili). Si dirà, si è detto in contesti simili, che non è giusto e sano trattare i monumenti del patrimonio storico-artistico e archeologico come “reliquie”, ma che bisogna saperli valorizzare e “far fruttare”: senza entrare nel merito di questo tipo di affermazioni, basti pensare che, grazie anche a diverse nuove aperture di siti visitabili (alcuni ambienti della Casa di Augusto e della Casa di Livia sul Palatino, l’antico percorso del vico Iugario e della Basilica Giulia nel Foro Romano, e da ultimo l’apertura temporanea della splendida e preziosissima Santa Maria Antiqua) il circuito dell’area archeologica centrale Colosseo-Palatino-Foro Romano ha registrato nel 2014 un incremento di visitatori dell’11,7% rispetto all’anno precedente, con 5.728.591 visitatori totali. Un interesse da parte del pubblico dei visitatori, italiani e stranieri, che non sembra aver conosciuto significative battute d’arresto neanche in seguito agli episodi terroristici del 2015, anno in cui il Colosseo (il cui biglietto include l’accesso alle altre aree del circuito), ha raggiunto la quota di 6,5 milioni di visitatori, sfiorando pericolosamente la soglia della sua massima capacità di accoglienza.

Un’area archeologica appartenente allo Stato italiano viene di fatto prestata a un evento religioso, comportando la chiusura anticipata del sito nel giorno del concerto (mentre già per giorni quasi la metà dell’area normalmente visitabile e fruibile è stata impedita, con i relativo disagio e scandalo dei turisti venuti da ogni parte del mondo): suona piuttosto contradditorio, quando si pensa che mesi fa Renzi scatenò una campagna denigratoria sul personale di custodia del Colosseo-Foro Romao-Palatino per la chiusura di qualche ora a causa di una assemblea regolarmente indetta. In quell’occasione il Presidente del Consiglio fece dichiarare i beni culturali “servizio pubblico essenziale”. Un servizio, pubblico ed essenziale.

fonte: MicroMega

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