La “partita” è finita: il prete calciatore lascia Roraigrande

PORDENONE. Umanità e disponibilità: sono questi i tratti caratteristici che don Giulio Manenti, 33 anni, prete-calciatore, lascerà nel cuore dei fedeli di Roraigrande, dove il 31 luglio terminerà il servizio in supporto al parroco titolare della parrocchia di San Lorenzo Martire, don Giorgio Bortolotto.
Sono stati quattro anni ricchi, quelli di don Giulio, originario di Martinengo in provincia di Bergamo e arrivato qui per provare un’esperienza di vita comunitaria: «Avevo chiesto questo a monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, e lui mi ha inserito nella comunità missionaria di Villaregia a Pordenone. Qui, il vescovo Giuseppe Pellegrini mi ha indirizzato a Roraigrande come collaboratore pastorale».
È soprattutto verso i giovani che ha orientato il suo servizio, anche se poi è stato attento a 360 gradi, come osserva Carla Caffi, una fedele: «È molto attivo con i giovani e ha una gran capacità di coinvolgimento. È umano e l’ho provato da vicino visto che ha seguito la malattia di mio marito. Conciso, ma ricco nelle omelie, è davvero disponibile nei confronti di tutti: diverse volte veniva a pranzo da me e in un’ora a tavola il cellulare squillava una decina di volte, con lui sempre a consigliare».
Un sacerdote disponibile, ma negli due ultimi anni anche nella veste insolita di calciatore, con la casacca degli amatori San Lorenzo, quando gli impegni lo consentivano.
Qualche timore tra i ragazzi inizialmente c’è stato, ma poi don Giulio è diventato uno di loro, come ricorda il presidente Francesco Lucchetta: «All’inizio qualcuno era preoccupato perché pensava che un prete in squadra ci avesse obbligato a pregare e invece don Giulio si è inserito in punta di piedi senza imporre nulla. E questo suo essere “uno di noi” ha fatto si che venissimo coinvolti naturalmente nei festeggiamenti della Madonna del Rosario a inizio ottobre e che andassimo come squadra alla messa natalizia».
Un valore aggiunto per il San Lorenzo, ma anche la squadra è stata importante per don Giulio, che spiega così la sua veste calcistica: «Ovviamente sono appassionato, ma avevo bisogno di inserirmi in un contesto estraneo alla parrocchia per poter stare con miei coetanei senza essere io il responsabile. Sono stato accolto bene, lì ero uno di loro, ma il fatto di non dover decidere e, anzi, stare alle regole di un gruppo proprio come tutti gli altri è stato un bel momento di crescita».
E sul ruolo in campo, don Giulio ammette: «All’inizio ero partito come mediano, poi mi hanno spostato in avanti, anche se non ho giocato molte partite visti gli impegni».
Domenica 31 luglio terminerà il servizio a Roraigrande e poi tornerà nella diocesi di Bergamo, dove da settembre sarà cappellano di Piazza Brembana, paese di montagna.
Definisce positiva l’esperienza a Pordenone: «Il contesto culturale è molto fiorente: andando a trovare i malati ho avuto modo di fare tante belle chiacchierate, avendo spesso degli scambi bellissimi».
Messaggero Veneto

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