L’ex monsignore gay Charamsa: «Così mi sono ribellato alla Chiesa»

«Racconterò tutto in un libro» aveva detto Krzysztof Charamsa, teologo gay del Sant’Uffizio, all’indomani del coming out sul Corriere della Sera che a ottobre gli è costato l’abito talare e la carica di ufficiale della Congregazione per la Dottrina della fede. Quel libro, La prima pietra. Io, prete gay, e la mia ribellione all’ipocrisia della Chiesa, arriva giovedì sugli scaffali delle librerie italiane, edito da Rizzoli. «Un’autobiografia che sarà forse accusata di essere incentrata soltanto sull’esperienza della sessualità» la descrive ora dalle sue stesse pagine l’ex monsignore polacco 44enne.
Ma chi si aspetti aneddoti e particolari rischia di rimanere deluso. C’è un accenno all’incontro con Eduard Planas, l’uomo catalano con cui oggi condivide la vita a Barcellona e che è stato fondamentale per il suo coming out. «Lui — racconta — sapeva tutto quello che possono sapere gli amanti di una notte» e nient’altro: non che l’uomo che stringeva tra le braccia era un prete. «Però io non volevo più nascondermi. Ma perché desideravo svelarmi? — si chiede —. Non volevo perderlo, mi ero innamorato. E quella notte avevo visto Dio che mi amava, mi abbracciava, mi accettava».

La prima relazione omosessuale con un altro prete

C’è la descrizione del percorso che lì l’ha portato, a partire dalla sua prima storia con un uomo iniziata quando già aveva preso i voti: «Un prete italiano: si era innamorato di me e fece il suo coming out». Dichiarazione d’amore dapprima respinta da Charamsa con «paroloni su come ciascuno di noi porti dentro di sé le proprie difficoltà e sul fatto che tutto vada dominato con la forza della ragione». Per poi tornare sui suoi passi un mese dopo: «Questo uomo mi ha aperto a me stesso, ha innescato il processo della mia uscita dalla gabbia imposta dalla Chiesa, è stata la scintilla di cui avevo bisogno» scrive adesso l’ex monsignore di quella storia («la mia prima relazione omosessuale»).

La Chiesa cattolica e la sessualità

Ma c’è più di ogni altra cosa la testimonianza di un doloroso percorso intellettuale e spirituale per giungere ad accettare la propria omosessualità, che l’ha portato a una frattura insanabile con quella Chiesa in cui nutriva una fede incrollabile perché incrollabile era (ed è) la sua fede in Dio. Proprio perché il suo amore e la sua dedizione verso la Chiesa erano totali, ora è fortissima la rabbia per quello che Charamsa percepisce come un tradimento e come la «scoperta» che l’istituzione alla quale ha dedicato la vita era incompatibile con un aspetto centrale della sua persona. Anche per questo La prima pietracontiene parole durissime nei confronti della Chiesa e del suo clero, che non possono non ferire chi nutre un sentimento cattolico. «Questo libro — dichiara — è anche “la” biografia di una Chiesa, che domina le persone, le sottomette, inculca loro il senso di colpa e promette la salvezza. “Se pubblicamente rinuncerai alla tua sessualità, ti salverai”. Da cosa vorrebbe salvarmi? Dalla felicità di vivere, dalla serenità, dall’accettazione di me stesso, dalla tolleranza, dagli artisti gay, dai baci di Michelangelo?» chiede.

Le accuse al clero e al Sant’uffizio

Il suo diventa così un atto di accusa senza appello contro la dottrina cattolica della sessualità (etero e gay) e contro le gerarchie ecclesiastiche. Charamsa ne descrive gli atteggiamenti, compreso quello che definisce «l’odio verso papa Francesco» diffuso «nel Sant’uffizio», in termini tanto sconvolgenti quanto impossibili da verificare per il lettore. Fino a raccontare anche — dall’interno e con un mea culpa — la sua mancata denuncia di un prete che avrebbe abusato di un suo parente quando questi era adolescente.
Lo fa con toni inaccettabili per chi si riconosce nella Chiesa di Roma. Convinto di essere dalla parte (giusta) di Dio, che non ci possa essere conciliazione e che i molti — secondo le sue stime — omosessuali «buoni preti, dovrebbero abbandonare l’istituzione che si permette continuamente di offenderli». Forse è il suo limite più grande, perché gli impedisce di parlare a quella Chiesa di cui è comunque ancora figlio. E a cui molti fedeli chiedono oggi di confrontarsi con questi temi.

corriere.it

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