Migranti: 700 morti in tre naufragi

Secondo l’agenzia dei rifugiati dell’Onu, l’Unhcr, sarebbero oltre 700 le vittime di tre naufragi nel Mediterraneo in questi ultimi giorni. La stima, secondo quanto riferisce l’Unhcr, è data dalle testimonianze dei sopravvissuti.

Secondo l’Unhcr mancano all’appello un centinaio di persone dopo il naufragio di una prima barca, mercoledì. A questi si aggiungono circa 500 altri profughi dispersi dopo un secondo naufragio giovedì. Sulla barca senza motore trainata da un altro barcone, c’erano circa 670 persone. Quando la barca senza motore si è capovolta 25 sono riusciti a raggiungere l’imbarcazione che li trainava, 79 sono stati salvati dai soccorritori che hanno anche recuperato 15 cadaveri. Infine, 45 altri corpi sono stati ritrovati venerdì dopo un terzo naufragio e ci sono numerosi dispersi.

Intanto è arrivata nel porto di Reggio Calabria la nave militare “Vega” con a bordo 629 migranti e 45 corpi recuperati in mare dopo l’ennesimo naufragio avvenuto al largo della Libia. I cadaveri raccolti in mare appartengono a 36 donne, sei uomini e tre minori con età che vanno da sei mesi a due anni. Tra i sopravvissuti ci sono 419 uomini, 138 donne e 72 minori di varia nazionalità (Pakistan, Libia, Senegal Eritrea, Nigeria, Siria, Marocco e Somalia).

Dei migranti arrivati in Calabria, 155 provengono dal barcone che si è rovesciato al largo delle coste della Libia. Alle operazioni di sbarco, coordinate dalla Prefettura di Reggio Calabria, partecipano i rappresentanti del Comune di Reggio, delle forze di polizia, dell’Azienda sanitaria e ospedaliera e del 118, le associazioni di volontariato e degli organismi umanitari. Le salme, che saranno portate in alcuni mezzi appositi messi a disposizione dalla Croce Rossa Italiana, sbarcheranno per ultime.

LA GIORNATA DI SABATO

Oltre 13mila disperati in salvo, 65 vittime accertate tra cui anche 3 neonati e centinaia di dispersi, uomini, donne e bambini finiti inesorabilmente in fondo al Mediterraneo. La settimana che si sta per chiudere conferma, purtroppo, quanto ormai da mesi vanno ripetendo gli esperti: sarà un’estate difficile e senza un intervento concreto dell’Europa sull’Africa non si riuscirà ad arginare il flusso immenso di migranti che dalla Libia – e nelle ultime settimane anche dall’Egitto – tentano di raggiungere le coste italiane. E si continueranno a contare i morti nel canale di Sicilia.

I numeri degli ultimi sei giorni sono impressionanti, non tanto in assoluto – i dati del 2016 sono allineati con quelli dello stesso periodo del 2015 ribadiscono al Viminale – quanto per l’intensità delle partenze: nell’ultima settimana sono salpati da Sabratha, Zuwara e dalle spiagge vicino Tripoli, a distanza di poche ore l’uno dall’altro, almeno una settantina di gommoni e una decina di barconi stracolmi. Vuol dire più di 15 al giorno, con un rallentamento nella giornata di oggi quando la centrale operativa della Guardia Costiera è dovuta intervenire solo su 4 richieste di soccorso. Significa chiaramente che il fantomatico governo di Sarraj non ha al momento alcuna autorità e non riesce minimamente a controllare i trafficanti di uomini. L’altro elemento che emerge da quanto avvenuto nell’ultima settimana nel Mediterraneo è che le imbarcazioni in partenza dalla Libia sono in condizioni sempre più disastrose e a stento riescono a raggiungere le acque internazionali, dove sono schierate le navi dell’Europa e dell’Italia. La conferma arriva purtroppo dai naufragi degli ultimi giorni: tre accertati e documentati dalle immagini della Marina Militare, con 65 vittime recuperate e centinaia di dispersi, un quarto che emerge dai racconti dei sopravvissuti. Sono stati infatti i migranti sbarcati questa mattina a Pozzallo dal rimorchiatore ‘Asso 29′ a raccontarlo agli operatori di Save the Children.

“Siamo partiti mercoledì notte da Sabratha, eravamo due pescherecci e un gommone – hanno spiegato -. Un primo peschereccio, con circa 500 a bordo, trainava un secondo senza motore, con altre centinaia di migranti”. Giovedì mattina la tragedia: “il peschereccio trainato ha cominciato ad imbarcare acqua e dopo un po’ è affondato. Alcuni si sono buttati in acqua ma solo in pochi sono riusciti ad aggrapparsi alla fune che legava i due pescherecci”. Lo scafista, un sudanese, è stato poi fermato a Pozzallo anche con l’accusa di aver provocato la morte di una donna come conseguenza di altro delitto: sarebbe stato lui ad ordinare di tagliare la fune che trainava il secondo peschereccio e che, con un “effetto fionda”, ha colpito e ucciso la vittima. Al disastro libico, si aggiunge un ulteriore problema: ormai sono riprese le partenze dall’Egitto, dove le organizzazioni criminali hanno mezzi e denaro. Al momento, dicono le informazioni d’intelligence, i profughi che scappano dalla Siria non hanno ancora intrapreso la rotta del Mediterraneo centrale, ma nulla esclude che nei mesi a venire, chiusa la via balcanica e bloccato il passaggio dalla Turchia alla Grecia, possano decidere di tentare la traversata. Andando così ad aggiungere alle migliaia di eritrei, somali ed etiopi che già utilizzano quella rotta, ritenuta la più pericolosa. Una situazione che rischia dunque di diventare esplosiva per l’Italia e portare al collasso l’intero sistema d’accoglienza, dove sono già ospitate 120mila persone e quasi 20mila minori non accompagnati. Ecco perché il ministro dell’interno Angelino Alfano è tornato a chiedere un maggior coinvolgimento dell’Europa e la necessità di un accordo rapido con la Libia.

“Tutte le vittime che stiamo raccogliendo in mare e che ancora raccoglieremo sono la prova di quanto ancora l’Europa sia lontana e indietro nel rapporto con i paesi dell’Africa – ha sottolineato – L’Ue deve arrivare ad un accordo rapido con la Libia, dove ormai c’è un governo, per riuscire ad arginare le partenze”. Ma serve anche un’intesa con i paesi africani, “per organizzare i rimpatri” e creare “campi profughi in Africa”.

ansa

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