Psichiatra di parte a convegno vaticano su no a preti sposati

Si riaccende il dibattito sul celibato sacerdotale e sui preti sposati, di fronte a nuovi e recentissimi casi di abusi sessuali di preti su minori. “Tutta colpa dell’obbligo del celibato, disciplina disumana che non ha ragion essere”.
A Roma, in vista del 50° anniversario dell’enciclica “Sacerdotalis Caelibatus” del beato Paolo VI, che ricorrerà nel 2017, la Pontificia Università Gregoriana ha promosso e ospitato dal 4 al 6 febbraio il convegno internazionale “Il celibato sacerdotale. Un cammino di libertà” al quale hanno partecipato diversi esperti, tra cui monsignor Tony Anatrella, psichiatra e psicanalista, sacerdote della diocesi di Parigi e docente al Collège des Bernardins, e due cardinali: Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, che ha svolto il 4 febbraio l’intervento di apertura, e Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che ha concluso l’incontro.

In particolare Anatrella ha affermato: “No, il celibato non è, di per sé, causa di alcuno squilibrio. Quando queste condizioni si manifestano, si tratta di stati preesistenti all’ordinazione sacerdotale”.

È possibile invece che il celibato sia stato «uno dei fattori all’origine di alcuni degli episodi di abuso sui minori» da parte di sacerdoti. Il timore per la reputazione dell’istituzione ha inoltre indotto la Chiesa a coprire e nascondere le storie di violenze, c’è quindi qualcosa di vero quando si ipotizza un insabbiamento sistematico da parte delle autorità ecclesiastiche, anche se i vescovi non avevano coscienza della vastità del problema. E tuttavia molte vite sono state rovinate, ci sono stati troppi sucidi, per questo la Chiesa chiede scusa per ognuno di questi fatti.

L’associazione dei sacerdoti lavoratori sposati, fondata nel 2003 da don Giuseppe Serrone, si dissocia dalle affermazione di parte dello psichiatra Anatrella.

La violazione sessuale di un bambino o di un adolescente da parte di un sacerdote è, nei fatti, un incesto. È un tradimento della relazione perpetrato da colui che è il padre della famiglia spirituale del bambino: un uomo del quale il ragazzino ha imparato, fin dalla nascita, a fidarsi più di chiunque altro, solo secondo a Dio [M. Benkert, T. Doyle, Clericalism, Religious Duress and its Psychological Impact on Victims of Clergy Sexual Abuse. In: «Pastoral Psychology», 58 (2009)].

Il celibato obbligatorio nella Chiesa non è un dogma, ma una norma. Infatti, si possono ordinare preti sposati provenienti dalla Chiesa anglicana o in quella cattolica di rito orientale. L’autorità è rappresentata da maschi celibi che parlano di sesso e famiglia, ma si devono comportare contro natura e non avere mogli, figli, né provare amore per una donna. È importante sottolineare che ogni singolo documento della Chiesa su questioni legate alla sessualità umana è stato scritto da uomini celibi. Perciò, nello scrivere o parlare di sessualità, i preti cattolici devono essere osservatori incorporei. Vivendo in mezzo a persone immerse in relazioni affettive, che sono sposate o convivono, i sacerdoti guardano ciò che gli altri fanno, reprimendo gli impulsi biologici del loro corpo e della loro mente. Come osservatori incorporei – occhi senza viso – i preti valutano ciò che nelle relazioni sociali è buono o malvagio senza averne la minima esperienza, senza conoscere ciò che stanno giudicando. Non possono capire come la sessualità, il matrimonio o l’avere dei figli aumenti positivamente le relazioni umane e il vivere quotidiano.

Già nel Medioevo, alcuni chierici eruditi, come Pier Damiani, si erano resi conto che negare una moglie ad un sacerdote o impedirgli di vivere la pienezza della vita famigliare portavano al concubinato, alla sodomia, ad abusi su ragazzini e relazioni incestuose [I. Zavattero: Il Liber Gomorrhianus di Pier Damiani. In: «Rivista di Sessuologia», 22 (1998)].

Pedofilia ed efebofilia sono disturbi della condotta sessuale di un individuo, che gli provocano fissazioni erotiche su bambini in età prepuberale, solitamente accompagnate da disfunzioni psicologiche ed emotive piuttosto gravi. I pedofili hanno spesso atteggiamenti asociali o antisociali, una struttura comportamentale ossessiva e un grave deficit di autostima [V. Andreoli: La pedofilia come malattia. In: G. Chinnici (a cura di), Sulle tracce della pedofilia. Aspetti psicologici, criminologici, etici e giuridici, Palermo 2004.]. Su questo concorda il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders curato dall’American Psychiatric Association.

Dagli studi clinici effettuati, ai preti pedofili sotto trattamento psicoterapeutico è stato diagnosticato uno sviluppo psicosessuale interrotto in età postpuberale e disturbi narcisistici. Tale vulnerabilità della condotta porta a manie di grandezza compensatorie. Il narcisismo clericale, secondo gli studi di Gerald Kohansky e Murray Cohen, nasce dall’autoselezione di uomini che sono stati spinti al sacerdozio dal desiderio di contrastare o neutralizzare sentimenti di inadeguatezza, impotenza e inferiorità tramite un ruolo che permette loro di sentirsi superiori, speciali, ammirati e quasi onnipotenti. Nei seminari si è sempre esaltata la verginità e l’astinenza totale. Si è svalutata l’intimità del matrimonio e la sessualità è stata condannata come peccato. Da questi luoghi di formazione non potevano che uscire candidati alla cura dei fedeli incapaci di affrontare la realtà proprio perché erano loro stessi ad essere fuori dalla realtà che volevano affrontare [G.E. Kohansky, M. Cohen: Priests who sexualize male minors: psychodynamic, characterological, and clerical cultural situations. In: Predatory Priests, Silenced Victims (a cura di M.G. Frawley-O’Dea, V. Goldner), Hillsdale 2007.].

Secondo Thomas Plante, professore di Psicologia presso la Santa Clara University e di Psichiatria e Scienze del Comportamento alla Scuola di Medicina dell’Università di Stanford, e lo stesso Sipe, i preti nord-americani che hanno avuto esperienze sessuali con minori sono circa il 6%. Il 2% può essere considerato pedofilo, il 4% efebofilo [T. Plante (a cura di), Sins Against the Innocents, Westport 2004.]. Visto che ci sono circa 46.000 preti attivi negli Stati Uniti, Sipe ha suggerito che circa 2.700 sacerdoti avrebbero abusato sessualmente di bambini e adolescenti. Plante, inoltre, ha aggiunto a questa stima i circa 15.000 preti in pensione e altri religiosi, come frati e diaconi, che hanno portato il numero ad oscillare vicino al 3.600. Questi dati sono stati stabiliti in una conferenza accademica all’Università di Santa Clara nel 1999, anni prima, quindi, dello scandalo dei preti pedofili del 2002 [T. Plante, Forvige me Father for I have sinned, Westport 1999.]. Perciò, il numero è stato decisamente sottostimato.

Negli ultimi anni, Sipe ha riconsiderato i dati a disposizione, dopo i numerosi articoli della stampa di tutto il mondo, calcolando che per alcune diocesi americane come Boston, Tucson e Los Angeles, la percentuale di preti pedofili oscilla tra il 10 e il 20% [A.W.R. Sipe, Mother Church and the Rape of Her Children. In: T. Plante et al. (a cura di), Sexual Abuse, cit.]. Quindi, anche se tenessimo a mente il primo rapporto scientifico in merito, quello uscito nel 1999 con la percentuale al 6%, il numero di sacerdoti coinvolti in abusi sessuali su minori è di almeno due volte superiore alla media rilevata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per la quale nella popolazione generale la pedofilia si attesta tra 3 e il 4% della popolazione [Cloud: Pedophilia. In: «Time», 13 gennaio 2003 (speciale sugli abusi clericali negli USA con intervista a John Bradford, direttore del Dipartimento di Psichiatria Clinica dell’Università di Ottawa).]. I numeri parlano da sé [P.J. McDevitt, Sexual and Intimacy Health of Roman Catholic Priests. In: «Journal of Prevention & Intervention in the Community», 40 (2012).].

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