“Così ho denunciato quel sacerdote”, parla la madre dei ragazzini abusati

Dopo l’arresto dell’ex parroco di via Perpignano. Le vittime della violenza: “Vogliamo solo dimenticare”. La mamma: “Ho fatto tutto da sola, nessuno mi ha aiutato”

palermo.repubblica.it


Nei loro occhi c’è ancora la sofferenza per quegli abusi impossibile da cancellare. “Non ci fidiamo più di nessuno, prima non era così. Ma dopo quello che è accaduto abbiamo cambiato atteggiamento”, dice il più grande dei due fratelli vittime di don Roberto Elice, l’ex parroco della chiesa di via Perpignano arrestato per abusi sessuali. Sono trascorsi due anni dalla denuncia della madre alla polizia ma la notizia dell’arresto sparata dai giornali con i particolari di quanto accaduto nel 2014 ha fatto ripiombare nell’incubo i due ragazzini. “È stato brutto leggere tutto quello che è stato scritto, quei particolari. Vogliamo solo dimenticare e cercare di vivere per quanto è possibile nella normalità. Certo, non è tutto come prima, sarebbe assurdo negarlo”. Sulla soglia di casa non appare la madre, che si trova fuori città. I due fratelli la chiamano al cellulare.
A denunciare il parroco della chiesa Maria Santissima Assunta di via Perpignano, infatti, è stata, “in solitudine”, la mamma dei due ragazzini. Un terzo caso è stato scoperto poi dagli investigatori della squadra mobile di Rodolfo Ruperti. “Ho fatto tutto da sola per il bene dei miei figli, dovevo salvaguardarli. Non mi ha aiutata nessuno. Ci eravamo fidati. Adesso tutto cambia ma questo non significa che i miei figli non frequenteranno più la chiesa “.
La madre dei due fratelli, che all’epoca dei fatti avevano 13 e 15 anni, aveva conosciuto don Elice durante un pellegrinaggio a Medjugorje nell’agosto del 2013. In quel viaggio la signora era sola. “Mi sento posseduta dal male, da Satana”, avrebbe confidato la donna al parroco di via Perpignano. Da quel momento inizia un rapporto speciale. Don Elice accompagna la donna a una seduta da un esorcista. Carpisce la sua fiducia, viene visto come un salvatore e la frequentazione anche tra i figli della donna, divorziata, e il prete si fa sempre più assidua. “Era un punto di riferimento “, ha spiegato la donna alla polizia. E, infatti, don Elice spesso veniva invitato a pranzo o a cena a casa della famiglia, non si tirava indietro quando si accorgeva di alcuni periodi critici. E se c’era bisogno di un aiuto economico, don Elice non lo negava e spesso portava doni ai ragazzini diventati parte integrante della comunità di via Perpignano.
Tutto cambia nell’aprile del 2014. Al ritorno da un altro pellegrinaggio a Medjugorje, stavolta con i figli. I fratelli cambiano atteggiamento. Iniziano ad avere lo sguardo triste, si estraniano, non vogliono più frequentare don Roberto. Le domande da parte della madre iniziano a farsi più pressanti. Arriva la confessione e poi la denuncia nell’ottobre del 2014. “Sono stata contattata dalla Curia – racconta la donna – qualche settimana dopo che il prete è andato a Roma. Non commento la scelta della Curia di non denunciare alla polizia. A me interessa che a svelare tutto sia stata io per tutelare i miei figli. Abbiamo già sofferto abbastanza, ora lasciateci in pace”.
La famiglia ha cambiato casa da un anno. In chiesa i fedeli hanno fatto di tutto per ritornare alla normalità dopo le rivelazioni su don Elice. Solo un parrocchiano ha ammesso al cronista che qualche “voce strana” sul parroco girava dal giorno in cui ha annunciato la sua partenza per Roma. Per il resto è stato un coro di “è impossibile che abbia fatto questo”. È forse per questo che alla domanda se qualcuno in chiesa ha aiutato la donna, la mamma dei fratelli glissa e passa avanti. Di certo non vuole lanciare alcun appello alle madri della parrocchia per spingerle a denunciare eventuali altri episodi di violenza sui bambini. “No. Non ho nulla da dire alle mamme. Ognuno si occupi dei suoi figli come ho fatto io”.

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