Dimora di Abramo, i soci si spartiscono gli utili dei soldi della povera gente

REGGIO EMILIA. I profughi a Festareggio? Non ne so nulla». Don Daniele Simonazzi, parroco di Pratofontana non è aggiornato sulla rovente polemica che scuote la città. E’ in Madagascar nelle missioni gestite dai suoi confratelli dei Servi della Chiesa. E così, quando gli chiediamo delle vicende che hanno toccato la cooperativa sociale Dimora d’Abramo, capofila nel progetto di accoglienza dei profughi nella nostra provincia, preferisce non entrare nel merito del caso di questi giorni.

Ma allo stesso modo, sull’attuale gestione della cooperativa sociale Dimora d’Abramo, il prete di Pratofontana, fondatore della cooperativa l’Ovile (che fa parte del consorzio di cui la Dimora è capofila) di cose da dire, ne ha. E non da oggi. Nel maggio scorso fu uno dei due “soci” a non votare il bilancio – in utile per 170mila euro. L’altro socio in dissenso è – stando ai verbali dell’assemblea – un altro prete di frontiera, il missionario donEugenio Morlini. Mentre don Giuseppe Dossetti e Stefano Turbetini, dopo aver fatto mettere a verbale le loro perplessità, alla fine, voteranno a favore.

Ma tant’è: il dissenso di due preti che più di tanti altri si occupano di accoglienza, i maldipancia del parroco di San Pellegrino non possono passare inosservati. A maggior ragione adesso che proprio la Dimora d’Abramo è al centro di una furibonda polemica sull’utilizzo dei profughi, o meglio dei “richiedenti asilo” nei ristoranti e negli stand della festa provinciale del Partito democratico.

«Ricordo bene quell’assemblea – dice don Daniele – e le cose che dissi allora le confermo: allora i soci della Dimora d’Abramo votarono per dare a loro stessi gli utili. Come si fa per una società qualsiasi. Peccato che la Dimora d’Abramo non sia una società qualsiasi».

In che senso, scusi?
«Nel senso che si occupa di povera gente. O meglio: questo sarebbe lo spirito con cui è nata».

Significa che lo ha perso?
«Ñon mi permetto di dirlo. Ma se guardiamo in faccia alla realtà…».

«Oggi cosa diamo a questa gente che arriva qui disperata e senza nulla? Al di là di vitto e alloggio, intendo. Ecco, io spero proprio che la Dimora d’Abramo ritrovi presto la sua ragione sociale».

Significa che l’ha perduta…

«Significa che se fai il ragioniere allora ti limiti a dare vitto e alloggio. Se invece segui il Vangelo allora… Bé allora manca qualcosa».

Quei soldi, quindi, secondo lei non andavano redistribuiti ai soci ?

«Quei soldi, come ha detto in quell’occasione anche don Eugenio Morlini, dovevano servire per dare altri e migliori servizi a quella povera gente che vogliamo accogliere. Altrimenti facciamo altro».

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