Maratona di Betlemme, per andare oltre i muri

La vita è una corsa. E questa è una corsa per la vita. Per una vita più giusta e libera in una terra contesa, divisa, calpestata. Dove la gente non ha la libertà di movimento né di costruirsi un futuro migliore. Parliamo dellaMaratona di Betlemme. Forse non è la più famosa, ma certo è quella che invita di più a pensare, oltre che a correre. In questo senso è sicuramente una delle maratone più speciali da correre: qui, infatti, non conta non solo la partecipazione, ma anche la presa di coscienza di ciò che accade in questa terra.
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(le foto provengono dal sito Palestinemarathon.com)

L’edizione 2015 si terrà venerdì 27 marzo e la partenza sarà alle 8.00, ora palestinese, (le 9 in Italia) e tra i podisti ci sarà anche Stefano Sozza, un volontario del Vis, Volontariato internazionale per lo sviluppo, in Palestina. Stefano è al suo settimo mese di attività a Betlemme. Giunta alla sua terza edizione, la maratona è organizzata dal Comitato Olimpico Palestinese e dall’associazione “Right to movement” (“Diritto di movimento”).

Da notare che a Betlemme non è possibile correre un percorso di 42 km senza passare attraverso un check-point israeliano e sconfinare in territorio israeliano, quindi, per assicurare alla popolazione palestinese la possibilità di partecipare alla corsa, gli organizzatori si sono visti costretti a prevedere un percorso di 21 km che verrà ripetuto due volte per coloro che correranno l’intera maratona.

“A prescindere dai risultati sportivi, quello che realmente conta per me è partecipare, dando così il mio appoggio simbolico al popolo palestinese – spiega Stefano Sozza -. La mia speranza è che l’evento possa attirare in modo pacifico l’attenzione su questa parte di mondo che spesso viene dimenticata, mostrando così a tutti i duri effetti dell’occupazione militare israeliana sulla vita di tutti i giorni e come ogni persona dovrebbe essere in grado di muoversi senza essere fermata da muri e check-point. Correndo non ci saranno differenziazioni di etnia, religione o altro: Saremo semplicemente un gruppo di persone uguali che corrono per lo stesso obiettivo e lo stesso sogno, quello di una Palestina libera”.

Durante la corsa Stefano indosserà una maglietta con una dedica: “non esiste distanza così grande da cancellare il ricordo di un sorriso”; il pensiero è rivolto a Matteo, il bambino di un collega del Vis recentemente scomparso e, più in generale, a tutti i bambini palestinesi che hanno pagato con la loro vita innocente il prezzo della guerra.
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Il percorso
La partenza e l’arrivo della gara sono presso la Chiesa della Natività, collocata sopra la grotta che segna il luogo di nascita di Gesù. Gli atleti correranno vicino al purtroppo famoso muro: molti israeliani si riferiscono ad esso come ad una barriera di separazione, mentre agli occhi dei palestinesi appare come un vero e proprio muro di apartheid. Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia ha considerato il muro illegale in quanto non costruito nel rispetto dei confini stabiliti nel 1967, la cosiddetta Linea Verde.

Altra realtà che verrà toccata dal percorso è quella dei campi profughi. Uno è il campo di Al Aida, che è stato istituito nel 1950 tra le città di Betlemme e Beit Jala. Aida copre una piccola area di 0.71 chilometri quadrati e si trova ad affrontare gravi problemi di sovraffollamento avendo oltre 4.700 rifugiati registrati, che nella realtà dei fatti sono molti di più.

Il secondo campo profughi è quello di Dheisheh, che è stato istituito nel 1949 all’interno dei confini municipali di Betlemme su 0,31 chilometri quadrati. I rifugiati originari del campo provenivano da 45 villaggi della Gerusalemme occidentale e le zone di Hebron occidentali. Un terzo delle persone che vi abitano sono senza lavoro, questo anche a causa delle limitate opportunità di lavoro dovute all’inaccessibilità del mercato del lavoro israeliano. Dheisheh ha quasi 13.000 rifugiati registrati.

L’ultima tappa, prima del ritorno verso la chiesa della Natività, è il villaggio di Al-Khader, ora un sobborgo di Betlemme. In seguito alla costruzione del muro attorno Al-Khader, diverse migliaia di dunam (1 dunam uguale 1000 m2) di terreno agricolo sono stati separati dal villaggio, i contadini quindi non sono liberi di poter accedere alle proprie colture se non tramite il permesso israeliano che, nella maggior parte dei casi volutamente, tarda ad arrivare impedendo ai palestinesi di poter lavorare la propria terra.
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Per informazioni è possibile visitare il sito Palestinemarathon.com

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