Attacchi media a sacerdote che chiede 20 euro e i silenzi sulle spese pazze personali del Card. Pell capo dicastero economico Vaticano. Papa Francesco intervenga

Quei 20 euro che, secondo l’accusa, avrebbe preteso da un’impresa di pompe funebri per benedire un defunto gli sono costati cari. Carissimi. Perché giovedì sera, quando mancava una manciata di minuti alle 19, don Silvano Corsi ha lasciato il tribunale di Verona con una condanna in abbreviato (rito che gli ha comunque garantito l’alleggerimento di un terzo sulla pena finale) a un anno e due mesi per tentata estorsione. «Un’assurdità – ha tuonato il suo avvocato Francesco Delaini -. Ovviamente non mancheremo di impugnare subito tale verdetto in appello» (fonte Corriere della Sera).

Inevitabile, del resto, porre in correlazione la vicenda che lo vede suo malgrado protagonista con il vigoroso monito pronunciato lo scorso novembre da Papa Bergoglio contro i «tariffari delle chiese: basta soldi per messe e battesimi», era insorto il Pontefice declamando quella che venne interpretata come un’ «omelia anti-parroci affaristi». Eppure, don Corsi non si è mai reputato tale: «Ho fiducia nella giustizia, sull’esito finale di questa vicenda sono sereno – confidò al Corriere di Verona quando emerse l’inchiesta aperta a suo carico -. Di certo, tutta questa storia non mi fa piacere visto che mi ritrovo il nome sbattuto sulle pagine dei giornali. Comunque, prima o poi, emergerà la verità». Una professione d’innocenza, quella ribadita dal parroco, a cui dal popolo del web sono fioccati messaggi di sostegno e «mi piace».

Papa Francesco, secondo l’associazione dei sacerdoti lavoratori sposati, oltre ai rilievi sui tariffari dei parroci dovrebbe intervenire per tanti altri casi ad esempio un suo strettissimo collaboratore in Vaticano il Card. Pell, secondo l’articolo pubblicato da L’espresso su Card. Pell (che 10 giorni fa è stato definito da un rapporto del governo australiano sulla pedofilia un sacerdote «che ha mancato di agire equamente da un punto di vista cristiano, perché preferì difendere il patrimonio della sua diocesi piuttosto che dare giustizia e compassione» alle vittime dei preti pedofili) ha semplicemente pubblicato un report sulle spese del suo nuovo dicastero.

In cui spuntano – ed è un paradosso, per chi si è definito nuovo campione della spending rewiew contro la corrotta curia romana – uscite per mezzo milione di euro, tra cui abiti e arredi di lusso, stipendi da 15 mila euro al mese, affitti e voli in business class.

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