L’inchiesta sui preti pedofili di Granada

Martedì 27 gennaio il tribunale di Granada, in Spagna, ha tolto il segreto istruttorio su un’inchiesta per presunti abusi sessuali commessi da dieci sacerdoti e due laici fra il 2004 e il 2007 su alcuni minorenni. Quattro degli imputati (tre sacerdoti e un professore di religione) erano stati arrestati lo scorso novembre ed erano poi tornati in libertà. L’inchiesta è stata chiamata in Spagna Romanones, dal nome di don Román Martínez, principale sospettato e organizzatore di quello che viene definito un «clan» ben organizzato.

Il ragazzo che per primo ha sporto denuncia contro gli abusi – lo scorso 14 ottobre – ora ha 24 anni ed è un membro dell’Opus Dei. Inizialmente si era rivolto all’arcivescovo di Granada, Francisco Javier Martínez, senza però ottenere risposte soddisfacenti; poi direttamente a Papa Francesco scrivendogli una lettera. Il Papa l’aveva chiamato chiedendogli perdono, l’arcivescovo di Granada aveva sollevato dall’incarico alcuni dei sacerdoti implicati e si era prostrato a terra per qualche minuto davanti all’altare della cattedrale di Granada.

L’inchiesta avviata dopo la denuncia è ora stata portata a termine: il giudice ritiene che possano essere stati commessi reati di violenza sessuale, abusi ed esibizionismo, tra gli altri. Ma prima di procedere ha concesso alla parti 10 giorni di tempo per capire se tali reati possano essere caduti in prescrizione a causa degli anni trascorsi dagli eventi alla loro denuncia. Il giudice ha giustificato la sua decisione iniziale di tenere segrete le informazioni per la necessità di un’indagine «silenziosa, cauta e riservata» e per evitare l’effettiva possibilità di un ostacolo alle indagini.

Dai documenti del giudice Antonio Moreno Marín, titolare dell’inchiesta, è possibile ricostruire un resoconto dettagliato di tre anni di abusi: i minori coinvolti (minori all’epoca dei fatti) sono quattro. Il racconto del ragazzo che ha sporto denuncia è il più completo e anche quello a cui fanno riferimento le violazioni più gravi. Quando aveva 14 anni, nel 2004, faceva parte e frequentava da anni la chiesa di San Juan de Vianney (Granada): il parroco era Román Martínez. Venne prima coinvolto come chierichetto e poi a partecipare più attivamente alle riunioni di un gruppo di sacerdoti nella casa parrocchiale di Los Pinillos Cenes de la Vega, vicino a Granada. Román Martínez gli disse che vedeva in lui «una grande vocazione». Dai documenti del giudice risulta che il ragazzo non ci trovò all’inizio niente di strano, in questi inviti: credeva di dover imparare e condividere con gli altri sacerdoti il loro «modo di vivere».

La prima notte che il ragazzo trascorse nella casa parrocchiale, venne invitato da Román Martínez a dormire nel suo letto (anche se c’erano altre stanze libere) e quando il ragazzo inizialmente si rifiutò, il prete gli disse che stava per rompere un legame come tra padre e figlio. Il ragazzo, dunque acconsentì «sotto forti pressioni psicologiche», scrive il giudice. E quello fu il primo passo. Con il passare del tempo, il prete aumentò le sue pretese. Chiese per esempio al ragazzo «di fargli dei massaggi rilassanti» durante i quali si spogliava completamente.

Il giudice si sofferma su diversi particolari e vari episodi e questo per poter stabilire di quale reato si sia trattato (abuso sessuale o aggressione): il ragazzo ha raccontato di come il prete fosse eccitato, durante questi massaggi, e di come gli chiedesse di masturbarlo. Di fronte alle sue resistenze ripeteva: «Io sono tuo padre, devi lasciarti andare, non vivi bene la tua sessualità». Per paura di essere cacciato dalla congregazione, lui cominciò ad accettare le varie richieste. Tra il 2006 e il 2007 vi furono due tentativi espliciti di penetrazione da parte del prete: «È necessario lasciarsi andare e vivere la propria sessualità apertamente», queste le frasi ricorrenti riportate dal ragazzo che ha anche raccontato di essere stato masturbato da altri due imputati, di aver assistito a «ripetute scene di sesso anale e orale tra i vari sacerdoti e Román Martínez».

Ha parlato di film porno, di sacerdoti nudi in piscina, che spesso si baciavano tra loro, si massaggiavano e si accarezzavano. Anche gli altri tre ragazzi coinvolti hanno testimoniato diversi tentativi di abuso nei loro confronti e di scene di sesso in loro presenza. Tutto hanno detto che la giustificazione più frequente da parte dei sacerdoti che facevano parte del clan Romanones era: «Siamo tutti una famiglia».

ilpost.it

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