Papa Francesco si sceglie il ballerino!

Fu chiamato così per le sue discussioni con il governo cinese
 di Antonino D’Anna  

 

Quando è andato in visita a Hong Kong nel marzo scorso, lo hanno accolto con bandierine e inno nazionale britannico cantato a squarciagola, più dichiarazioni di nostalgia. Chissà come l’avrà presa Pechino, specie ora che siede in Vaticano nella commissione voluta da Papa Francesco per la riforma dei Media.

Chris Patten, l’ultimo governatore britannico di Hong Kong, è una nomina voluta nell’ambito delle «riforme» papali che ha lasciato perplessità nel mondo cinese.

Un mondo al quale questo Papa cerca di puntare attraverso un esperto di trattativa come il Segretario di Stato Pietro Parolin.

Il governatore, noto al tempo della restituzione di Hong Kong alla Cina (1997) presso i suoi critici come «il ballerino di tango» (il riferimento è alla risposta che diede a chi gli aveva chiesto se ci sarebbero stati o no altri colloqui con Pechino, sostenendo che «il tango si balla in due»), ha lasciato ricordo di varie «discussioni» con la controparte cinese. E adesso, come nota un lungo editoriale pubblicato alcuni giorni fa sul World Post, è tornato a ballare. Dopo anni di silenzio sul suo ex impiego, Patten è entrato a gamba tesa nelle polemiche che a Hong Kong dilaniano la scena politica locale criticando la mancata crescita democratica di Hong Kong sotto il dominio cinese, specie in tema di elezione del Presidente della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong: insomma, il «governatore» targato Pechino.

Peccato che, nota l’editoriale del World Post, «il tema del suffragio universale non è mai stato un problema per il quale l’ultimo governatore o uno dei suoi 27 predecessori abbia alzato un dito durante i 155 anni in cui Hong Kong è stato una colonia». Un’amara verità. E ancora: «Per Lord Patten, scelto come governatore da nessun altro se non l’allora Primo Ministro John Major e nominato da Sua Maestà la Regina Elisabetta II, biasimare la Cina per il fatto che non consenta ai suoi successori di essere democraticamente eletti, è – ad esser buoni – risibile».

Insomma, Pechino non avrebbe dimenticato. E il fatto che sia stato nominato in Vaticano ad un posto di tale responsabilità potrebbe, secondo alcuni osservatori Oltretevere, rendere più difficile il dialogo con la Cina. Proprio mentre il Papa si prepara a volare in Corea dal 14 al 18 agosto e, osserva l’agenzia di stampa AsiaNews, potrebbe incrociare la sua visita con l’eventuale presenza, negli stessi giorni, del presidente cinese Xi Jinping che ha chiesto a Seoul di festeggiare congiuntamente ogni Ferragosto la giornata della sconfitta nipponica nella II guerra mondiale (ma Asianews ipotizza festeggiamenti Cina-Corea del Sud rimandati al 2015, 70mo anniversario della fine della guerra).

L’ex arcivescovo di Hong Kong cardinale Joseph Zen Ze Kiun, un «falco» del Papato di Benedetto XVI suggeritore della linea dura di Roma contro Pechino, ha chiesto a Francesco di non visitare la Cina perché verrebbe strumentalizzato. Chissà che cosa ne pensa Lord Patten.

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