La redazione dei papaboys considera i sacerdoti sposati non sacerdoti

Don Giuseppe Serrone ha considerato il testo dei papaboys "un grosso errore teologico.

Sulla reazione della redazione dei papaboys don Giuseppe Serrone, riferendosi al testo inserito online http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=698
"se ridotti allo stato laicale intanto non sono sacerdoti", ha commentato: "è un grosso errore teologico considerare non sacerdoti i sacerdoti sposati validamente ordinati e dispensati con un decreto del Papa. La dispensa dagli obblighi del celibato non riduce i sacerdoti allo stato laicale; anche i sacerdoti sposati in situazione regolare sono sacerdoti in eterno".

Il testo del commento è della redazione papaboys (e non come erroneamente attribuito a Korazym. Il sito Korazym aveva invece pubblicato il testo dal quale era nato il commento di don Serrone v. http://www.korazym.org/news1.asp?Id=26152). Invitiamo i visitatori ad inserire commenti nel blog o ad inviare commenti alla redazione sacerdotisposati@alice.it.

‘SACERDOTI SPOSATI’. LA RISPOSTA DEI PAPABOYS: E’ QUESTIONE DI OBBEDIENZA E COMUNIONE
(di Redazione Papaboys) – 12/11/2007 11:35

ROMA – Il nostro sito e la nostra Associazione sono ‘tirati in ballo’ dal comunicato di un gruppo di ‘sacerdoti’ sposati (se ridotti allo stato laicale intanto non sono sacerdoti ndr)capeggiato da Giuseppe Serrone che si lamentano della ‘chiusura’ verso i sacerdoti sposati della Santa Sede e citano la nostra posizione di difesa ai recenti attacchi dei media italiani contro la Chiesa Cattolica e contro il Papa. Vediamo intanto che cosa scrivono nel comunicato inviato alla stampa: ….(omissis)…

Il contenuto del Comunicato Stampa

Per don Giuseppe Serrone la causa dei sacerdoti sposati ha bisogno di un cambiamento epocale e di una nuova visione teologica del sacerdozio. "Invito i nostri teologi ad elaborare nel contesto storico attuale delle tracce pratiche di rinnovamento e di azione. Il dialogo con le gerarchie appare chiuso quasi del tutto. Le famiglie come comunità cristiane di base potrebbero essere la nuova strada per testimoniare la fede cristiana. Abbiamo bisogno di uscire dagli standar teologici. Su questa strada del dialogo ad oltranza con chi è sordo la nostra causa si stagnerà. Invito a riflettere ed operare sul tema della riforma della chiesa cattolica con particolare riferimento al tema del celibato sacerdotale. Secondo i fondamenti biblico-teologici, il celibato non può essere considerato fra le intenzioni del Cristo, è solo una disciplina ecclesiale che può sempre essere cambiata".

Il sito dei papaboys si ferma ad analizzare gli errori alcuni errori dei media affermando che "talvolta solamente refusi di stampa, qualche altra veri e propri indizi della solenne ignoranza che vige nel nostro paese in materia religiosa". Don Giuseppe Serrone da alcuni anni impegnato in un tentativo di libera informazione religiosa, continua commentando: "Mi sembra un contro attacco strumentale quaello dei papaboys verso un articolo interessante di Curzio Maltese che illumina un aspetto particolare della vita dello Stato-chiesa. Spesso media cattolici allineati con le posizioni di parte della gerarchia non sono così sufficientemente critici verso errori comportamentali nell’ortoprassi, eseguiti da uomini di chiesa".

"Abbiamo bisogno di qualcosa di concreto – ha affermato don Serrone – per i preti sposati, le suore, per preti e suore in crisi… cioè per chi ha problemi a vivere come imposto il celibato ecclesiastico o per chi durante la propria vita capisce che quella della verginità non era la sua strada. Alla fine dell’estate del 2008 abbiamo il progetto di aprire una nuova sede per i sacerdoti sposati nell’Emilia romagna. Mi auguro che si l’anima di tale iniziativa possa incontrare positivi riscontri per far prevalere le opere sulle parole".

Intanto in un convegno a Padova continuano le letture statiche del fenomeno crisi-preti: "Sacerdoti soli sottorganico con troppi impegni". Oltre 500 sacerdoti della diocesi di Padova hanno partecipato al secondo giorno di lavoro dell’incontro “Preti insieme e corresponsabili in un mondo che cambia” in corso al Duomo di Asiago.

Lo scorso 21 ottobre 2007, su iniziativa di un gruppo di preti spsati ha avuto luogo un incontro all’abbazia di Maguzzano in provincia di Brescia. Il 30ennale di Vocatio, una delle prime associazioni di sacerdoti sposati, ha ricordato don Serrone, si celebrerà l’anno prossimo: molti membri hanno pagato di persona a causa del celibato e Dio ci chiederà conto di cosa abbiamo fatto per cambiare le cose.

Analizziamo meglio la questione

Il problema del sacerdozio, non è intanto tale; è possibile che il sacerdozio diventi un problema? Il sacerdozio, con tutti i suoi sacri crismi è una fortuna! Un piacere! Una bellezza! Quanto bisogno c’è oggi di sacerdoti ubbidienti ai propri pastori ed al vero servizio della Chiesa Cattolica, erede delle volontà di Gesù! Il Concilio – ci ricorda Giovanni Paolo II durante l’Angelus del 22 Luglio 1990 – ha particolarmente insistito sulla dimensione ecclesiale dell’obbedienza dei presbiteri: “Il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l’obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni e le raccomandazioni del Sommo Pontefice, del loro vescovo e degli altri superiori, dando volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro affidato, anche se umile e povero” (Presbyterorum ordinis, 15).

Il Concilio aggiunge che con questa obbedienza i sacerdoti assicurano la loro unità non solo col capo visibile della Chiesa, ma con tutti i loro fratelli nel ministero, e nota come essa non intralci affatto lo spirito d’iniziativa e la ricerca di nuove vie nell’opera pastorale, a condizione che tale inventività si eserciti nella sottomissione all’autorità. Il Vaticano II ha posto bene in luce i doveri reciproci dei vescovi e dei sacerdoti in questo delicato campo: ha raccomandato ai primi che, a motivo della loro comunione nello stesso sacerdozio e ministero, “abbiano i presbiteri come fratelli e amici, e stia loro a cuore, in tutto ciò che possono, il loro benessere materiale e soprattutto spirituale”; e ha ricordato ai presbiteri che, “essendo presente la pienezza del sacramento dell’Ordine di cui godono i vescovi, venerino in essi l’autorità di Cristo supremo pastore. Siano dunque uniti al loro vescovo con sincera carità e obbedienza” (Presbyterorum ordinis, 7). In quest’ampia visuale teologica e ascetica, i seminaristi devono perciò ricevere una formazione che li abitui a questa disposizione di obbedienza verso l’autorità. Si tratta di un’obbedienza animata dalla fede, che nelle decisioni dell’autorità riconosce la volontà divina: un’obbedienza che non si realizza senza certi sacrifici, ma che cooperano alla fecondità del ministero sacerdotale, e soprattutto associano il sacerdote all’obbedienza, che ha caratterizzato il sacrificio della croce, e ai frutti di questo sacrificio.

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