Così ha funzionato la "ghigliottina ecclesiastica" nel passato applicata a casi ritenuti gravissimi

Il girone dei sospesi, come lo chiamerebbe Dante, è piuttosto affollato. Così don Sante si trova in buona compagnia. Perché la ghigliottina ecclesiastica ha funzionato bene nella diocesi di Padova, nel passato recente e in quello remoto. Attenzione, però, a non prendere abbagli. Agli occhi del fedele inesperto, ogni sacerdote privato della facoltà di celebrare sembra in qualche modo sospeso a divinis. Nei fatti, invece, il decreto viene emesso soltanto in casi ritenuti gravi: anzi, gravissimi. Più di frequente ci si limita a provvedimenti simili nella sostanza, non nella forma. Tutti ricordano, dunque, la vicenda di don Ugo Moretto: sacerdote di Padova che dirigeva il Centro televisivo vaticano e gettò per amore una brillante carriera in abito talare. Ma fu lui stesso – come spiegò – a chiedere, nel novembre 2001, la riduzione allo stato laicale con la quale si avviarono le procedure di dispensa dagli obblighi sacerdotali.

Formalmente sospeso con un decreto del vescovo di Padova e poi con un atto congiunto dei vescovi di Fermo e San Benedetto del Tronto, datato 1 maggio 1993, fu invece il religioso sacramentino Rosario Gozzo, colpevole di risultare tra i seguaci del santone Gabriel Basmagi.

All’ inizio degli anni Ottanta, anche don Albino Bizzotto ebbe qualche contrasto con la Curia. Al leader dei Beati i costruttori di pace, all’epoca apostrofato prete rosso, si contestava un eccesso di zelo pacifista che ancora oggi lo contraddistingue. È il clima clericale a essere mutato, più che l’energico sacerdote. Don Nello Castello e don Attilio Negrisolo vennero sospesi dal vescovo Girolamo Bortignon, nel dicembre 1959 per un mese e nel febbraio 1960 a tempo indeterminato, in quanto rei di credere a un santo vivente, Padre Pio. Il loro calvario si concluse il 21 aprile 1970, quando una sentenza della Sacra rota romana li riabilitò.

Risale infine all’11 ottobre 1666 la sospensione a divinis inflitta dal vescovo Gregorio Barbarigo a don Pietro Mazzoleni, il parroco di Bigolino (vicariato di Valdobbiadene) che si rifiutava di insegnare la dottrina cristiana. Ma questa è storia. Un’altra storia.

Léon Bertoletti – fonte: ilgazzettino.it

Una risposta a “Così ha funzionato la "ghigliottina ecclesiastica" nel passato applicata a casi ritenuti gravissimi”

  1. A parte ogni altra considerazione: è verissimo, purtroppo, che i due santi sacerdoti don Negrisolo e don Castello vennero perseguitati in modo durissimo da mons. Bortignon, e "riabilitati" solo parecchi anni dopo dalla Santa Sede.

    Però non erano affatto "sacerdoti sposati" e nemmeno lontanamente pensavano a sposarsi: pensavano soltanto a pregare in unione con il più grande Santo del XX secolo, che di persona nemmeno conoscevano.
    Santo "vivente" allora, certamente: ma ogni Santo prima di morire è stato in vita, e la santità sebbene riconosciuta dopo la morte si ottiene con le opere fatte in vita.

    Va detto che mons. Bortignon perseguitò duramente anche una laica, Costantina Nalesso, anche lei figlia spirituale di Padre Pio: la colpì con interdetto e le vietò di accostarsi ai Sacramenti.

    Chissà paerchè Bortignon, che pure era Cappuccino, ce l'aveva così duramente con i suoi confratelli.
    San Pio da Pietrelcina era fuori dalla sua giurisdizione, ma si sfogò colpendo i suoi figli spirituali.

    E Bortignon non era nuovo a simili "prodezze". Parecchi anni prima, quando era Provinciale dei Cappuccini, aveva perseguitato in modo durissimo un altro suo confratello: P. Leopoldo Mandich (da Castelnuovo d'Istria, secondo la vecchia dicitura italiana) che poi morì nel 1942 e fu proclamato Santo nel 1983.

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