Speranza di vita, si aggravano gli effetti sugli assegni dei sacerdoti

Da 68 a 69 anni, così cambierà fra pochi mesi il requisito dell’età per l’assegno di vecchiaia nel Fondo di previdenza del clero. È una novità, che andrà in vigore dal 1° gennaio 2019, che ricade in particolare sui sacerdoti e gli altri ministri di culto che stanno per varcare la soglia del pensionamento. Effetti imprevisti di questo aumento dell’età pensionabile, sia economici sia normativi, condizionano la normale applicazione della previdenza sacerdotale
Causa di questa nuova situazione è la maggiore «speranza di vita», l’indice che registra una migliore qualità della vita dei cittadini italiani, ma che allunga anche il pensionamento di tutti gli assicurati dell’Inps al fine di contenere la spesa pensionistica.
Il calcolo dell’indice della speranza di vita sulle pensioni è registrato dall’Istat (dal 2013 è stato di 3 mesi in più e a seguire 4, 7 e dal prossimo anno 12 mesi) prendendo come base la popolazione con età di 65 anni, cioè il vecchio requisito per la pensione di vecchiaia e per l’assegno sociale. È evidente che se nel Fondo Clero l’età ordinaria è di 68 anni, qualsiasi aumento di speranza di vita è stato già abbondantemente considerato. Applicare la speranza di vita anche su un’età di 68 anni costituisce quindi un abuso, illogico oltre che giuridico. Emergono infatti motivi, ora sempre più evidenti (come la diversa mortalità per gli uomini e per le donne), per contestare in via giurisdizionale la speranza di vita nel Fondo Clero, ovviamente grazie ai ricorsi degli interessati.
Il “differimento”. Il Fondo prevede che se un sacerdote, avendo già maturato il diritto, rinvia oppure ritarda di almeno un anno la domanda di pensione riceve d’ufficio un aumento della rata mensile, calcolato in base ad un’apposita tabella attuariale. Oggi, chi ha maturato, ad esempio, un importo di 100 euro, rinviando la pensione dopo i 68 anni, riscuoterebbe una rata di 121 euro.
Di fatto, il nuovo requisito di 69 anni per l’assegno di vecchiaia nel Fondo spazzerà via, in un solo colpo, l’istituto del differimento, impedendo quindi una corretta applicazione della normativa sacerdotale. E tanto meno gli interessati, già avanti negli anni, avranno la pazienza (e forse l’età) per rinviare la pensione fino ai 70 anni o più, al fine di beneficiare della speciale maggiorazione.
Infine, i 69 anni di età comportano, oltre alla perdita del differimento, un maggiore carico contributivo (l’obbligo cessa solo col pensionamento), la perdita delle rate mensili e della tredicesima maturate tra i 68 e i 69 anni di età, la riduzione delle maggiorazioni su ogni anno versato in più oltre il minimo dei 20.

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