Celibato dei preti incongruo. Meglio i preti sposati. Parola di psicologo!

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Preti Sposati

Tra vocazione e sublimazione, la severa richiesta della castità

Caro dottore, ho ascoltato una storia che mi ha molto colpita: una donna sposata ha avuto una relazione extraconiugale, l’amante era un prete. Non mi interessano tanto riflessioni sul tradimento, ma mi suggestiona la figura del sacerdote. È giusto e tollerabile chiedere a un sacerdote di rinunciare ad avere rapporti sessuali? A me sembra contro natura e che nei migliore dei casi, – quando non succede di peggio – non mi sorprende che questi si trovi un’amante.
Maria S.

Risposta di Enrico Ravaglia – in https://www.ravennaedintorni.it/blog/la-posta-del-cuore/vocazione-sublimazione-la-severa-richiesta-della-castita/

Cerco di risponderle concentrandomi solo sull’aspetto psicologico, di mia competenza. Sulla dimensione spirituale e sul tema della vocazione, non mi sento preparato al punto da esprimere giudizi. Sono d’accordo con lei. Aldilà delle ragioni teologiche, non c’è dubbio che la chiesa chieda molto ai sacerdoti. La castità, ma aggiungerei io, la richiesta, forse ancora più pesante, di non instaurare un rapporto di tipo affettivo, amoroso con una persona è un richiesta davvero severa.

Dico severa ma è un eufemismo, perché forse l’aggettivo più adatto è incongrua, se non addirittura incompatibile rispetto a quella che è la natura umana. In psicologia si parla di relazioni oggettuali, di oggetto.
Cosa sono? Un oggetto, inteso in senso psicologico è qualsiasi cosa che entra in relazione con la persona. Può essere un oggetto inanimato come una tavolo, ma anche un costrutto mentale, oppure un’altra persona. Poi per relazioni oggettuali si intendono appunto i rapporti che un individuo ha con tutto ciò che non è sé stesso, con il mondo esterno.

Per farla breve. Al sacerdote è richiesto di rinunciare a tutto un fronte delle relazioni oggettuali. Quelle che hanno a che fare con la relazione affettiva amorosa, alla sessualità, intesa, oltre che come normale e naturale esigenza fisiologica, anche come scambio relazionale. O meglio, gli è richiesto, se non di reprimerli, e posso certificare che la nostra mente va poco d’accordo con la repressione, di sublimarli. Cioè trasformarli in qualcosa d’altro.
Per sublimazione si intende «quel meccanismo che sposta la pulsione sessuale verso altre mete non sessuali, e tendenzialmente è qualcosa di alto, nobile, dal forte valore simbolico», non a caso deriva dal tardo latino “sublimàre” che significa appunto elevare in senso morale. Una dinamica che cerca appunto di dissinnescare la dimensione da cui arriva, appunto la pulsione sessuale.
In breve, ripeto che non conosco il potere della vocazione, ma conosco i limiti della sublimazione. E non stupiscono neppure me i fatti a cui lei ha fatto riferimento nella sua lettera.

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