Pedofilia nelle Chiesa, Papa Francesco parla di “orrendo peccato”, non di reato. L’Onu attende dal Vaticano risposte concrete

Toccante presentazione di Papa Francesco, anticipata da Repubblica, al libro di una vittima della pedofilia nella Chiesa (“La Perdono Padre”, Piemme), di un abusato ad otto anni e fino ai 12 anni. Parole nobilissime soprattutto per la straordinaria esperienza umana dell’autore Daniel Pittet che è giunto fino al perdono del suo aguzzino, e pur avendo abbandonato la strada del sacerdozio, si è riconciliato con la sua pur terribile esperienza di vita . È rimasto cattolico e crede in Dio e nella Chiesa.

Nel testo il Papa fa riferimento alla sua lettera apostolica “Come una madre amorevole” del 2016 dove ha dichiarato che è dovere della Chiesa “far prova di severità estrema con i sacerdoti che tradiscono la loro missione, e con la gerarchia, vescovi o cardinali, che li proteggesse, come è già avvenuto in passato”.

Papa Francesco parla senza infingimenti del peccato dei sacerdoti, del diavolo che vuole distruggere la vita della Chiesa. Com’è giusto che sia. Manca però forse una parola. La parola “reato”.

Anche l’omicidio è un peccato, ma è anche un grave reato, e sotto tutte le latitudini, chi uccide finisce in carcere.
Da quando, il 6 gennaio 2002, negli Stati Uniti esplose il caso pedofilia dei preti sul Boston Globe grazie al team giornalistico investigativo Spotlight sono passati 15 anni. Un tempo infinito. E la comunità internazionale chiede con forza al Vaticano di fare quello che tutti gli altri Paesi fanno: permettere che i responsabili vengano puniti.

Ad oggi ad esempio il Vaticano non ha ancora messo in atto quanto è stato richiesto dal Comitato dell’Onu contro la Tortura nel maggio 2014 per evitare una più che probabile sanzione per violazione della Convenzione internazionale in materia. Alla Santa Sede è stato dato molto tempo per mettersi in regola, fino al prossimo anno (2018). Ma è chiaro che se non interverranno sostanziali modifiche del modus operandi della Santa Sede e della sua struttura legale, la bocciatura è già scritta.

Gli 8 punti critici evidenziati dalla Comitato di Ginevra sono impressionanti, ma non se ne è parlato più.
Innanzitutto va chiarito che gli abusi sui minori dei sacerdoti cattolici costituiscono una violazione della Convenzione internazionale sottoscritta anche da Vaticano sulla tortura. “Non nel senso, – ha spiegato pubblicamente l’allora presidente Claudio Grossman – che la Santa Sede è responsabile per ogni singolo abuso di ogni prete cattolico, ma che la Santa Sede lo diventa ai sensi della Convenzione sulla tortura e della nostra giurisprudenza, se non previene, mette sotto indagine, sanziona chi se ne è macchiato, in qualsiasi parte del mondo egli abbia agito”.

Nelle sue “raccomandazioni” il Comitato ha chiesto perciò che il Vaticano dia una piena collaborazione con le autorità civili che perseguono gli abusi nei vari paesi. Ad esempio fornendo tutte le informazioni in possesso della Congregazione per la dottrina della fede. Su questo punto il Vaticano ha da sempre alzato un muro, e anche l’avvocato della Royal Commission australiana, Gail Furness , pochi giorni fa , fornendo i dati impressionanti degli abusi dei preti ha lamentato la non collaborazione.

Il CAT dell’Onu di Ginevra ha chiesto che la sospensione dei sacerdoti accusati avvenga immediatamente, e siano previste sanzioni effettive per i superiori che coprono casi di abuso. La possibilità che fosse istituito un Tribunale “speciale” contro i vescovi che coprono i preti pedofili è stato prima ventilato e poi lasciato cadere.

Il Comitato ha anche chiesto che venga chiarito se la nuova Commissione pontificia presieduta dal cardinale Patrick O’Malley (varata in tutta fretta alla vigilia della riunione del CAT di Ginevra nel maggio 2014) sarà dotata di pieni poteri d’ inchiesta (che tuttora non ha e che anzi è stato fin qui escluso che li possa avere).

È stata infine sollecitata la revisione dei Concordati nazionali (come il Trattato del Laterano con l’Italia) nella parte in cui sollevano la gerarchia dall’obbligo di denuncia. E questo è un punto dolentissimo per la Conferenza episcopale italiana.
Il documento inoltre sollecita adeguati risarcimenti per le vittime, e oltre gli indennizzi, misure di riabilitazione e cura, anche a carico degli Ordini religiosi ( esplicito l’esempio delle “Magdalene Laundries” irlandesi).

La lista dei rilievi, come si vede, è lunga. Il vicepresidente del CAT, l’americana Felice Gaer (che rimarrà nel suo incarico fino al 2019) ha evidenziato citando le otto pagine di conclusioni che “se il Comitato affronta un problema e formula raccomandazioni, vuol dire che lo Stato non risponde ai requisiti della Convenzione”.

Da Ginevra vengono infine chieste statistiche sui casi di effettiva collaborazione con le autorità civili da parte della Congregazione per la dottrina della Fede. I dati dovranno essere forniti nel prossimo Rapporto che deve essere presentato a Ginevra dal Vaticano entro il 1 settembre 2017. Sia davanti alla Comitato per i diritti del Bambino sia davanti al Comitato contro la Tortura.

L’abuso su minori è un reato non soggetto a prescrizione. Al di là di tutte le citate richieste specifiche, per la prima volta, in base alla giurisprudenza dello stesso Comitato, gli abusi sui minori dei sacerdoti cattolici, finiscono sotto le prescrizioni della Convenzione contro la tortura, di cui davanti al Comitato è stata chiamata a rispondere la Santa Sede in tutto il mondo, e non solo – è scritto esplicitamente – nel piccolo territorio dello Stato della Città del Vaticano.

Questa equiparazione avrà una conseguenza giuridica importante: perché nei tribunali dei Paesi che hanno nel proprio ordinamento il reato di tortura (in Italia è stato introdotto il 5 marzo 2014, ed è applicabile a tutti i cittadini e non solo ai pubblici ufficiali) l’abuso sessuale sui minori potrebbe non essere più soggetto a prescrizione. Il Comitato chiede anche che venga assicurato un meccanismo indipendente in cui le vittime possano denunciare in modo confidenziale gli abusi, in modo che possano essere sottratte a pressioni e ricatti.

Il Comitato ha dato atto alla Santa Sede di aver introdotto il reato di tortura nel nuovo codice penale con la lettera apostolica di Papa Francesco dell 11 luglio 2013, e della creazione della nuova Commissione pontificia per la protezione dei minori, il 5 dicembre 2013.E ha ricordato che le linee guida della Congregazione per la dottrina per la fede del 3 maggio 2011 (durante il pontificato di Benedetto XVI) prevedono che “le prescrizioni della legge civile riguardanti la denuncia di questi crimini alle autorità preposte devono essere sempre seguite”.

Resta il fatto che il il tempo passa e le sollecitazioni del CAT dell’Onu sono rimaste per tre anni lettera morta. Mentre incombono le conclusioni della Royal Commission australiana su quanto accaduto anche nella Chiesa cattolica Down Under e i nuovi sviluppi del’indagine penale contro il cardinale George Pell.

Oggi e per tre giorni si riesce il C9 dei cardinali, il Consiglio della Corona di Papa Francesco (di cui fanno parte sia O’Malley sia Pell) , anche di questo dovranno parlare oltre l’approvazione dei bilanci e della riforma dei dicasteri della Curia.

huffingtonpost.it

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