Cappellano di San Vittore condannato per abusi sessuali, ma la Cassazione sentenzia: fatto non sussiste

Un cappellano che nel carcere di San Vittore pretendeva favori sessuali dai detenuti facendo leva sullo “stato di bisogno” di chi si rivolgeva a lui per avere sigarette, shampoo, saponette: su questa ricostruzione le pm del pool del procuratore aggiunto milanese Piero Forno nel 2014 avevano chiesto la condanna a 22 anni di don Alberto Barin (arrestato il 20 novembre 2012 per violenze sessuali su 12 detenuti), ridotti a 14 anni e 8 mesi dal rito abbreviato.

E il giudice Luigi Gargiulo aveva sì condannato il prete, ma a 4 anni, alzati dall’Appello a 5 anni e 4 mesi. Ora però il quadro cambia del tutto in Cassazione. Che annulla senza rinvio, “perché il fatto non sussiste”, la parte di condanna (parametro della pena base) sui 12 casi di “induzione indebita a dare utilità”. Poi annulla senza rinvio la condanna per “violenze sessuali” su 8 casi (intercettati in cella dalle pm Daniela Cento e Lucia Minutella) nei quali esclude l’”abuso d’autorità” da parte del cappellano del carcere.

E conferma solo la condanna per 2 baci e 2 toccamenti: 4 episodi il cui carattere “repentino” integra la qualificazione di “violenza sessuale”, seppure di “minore gravità”. Il risultato, per il prete difeso da Mario Zanchetti, è che ora il pg di Milano dovrà ricalcolare la pena superstite: che però, di certo inferiore ai 3 anni e mezzo di custodia cautelare già trascorsa tra carcere e domiciliari (in convento), imporrà la scarcerazione per fine pena già espiata.

Corriere della Sera

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